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Acume, ironia e misteri: Jane Austen indaga! (serie Barron, vol.1)

barron_lady_scargrave_coverOvvero: le mie esperienze di lettura dei romanzi di Stephanie Barron, della serie “Le indagini di Jane Austen”.
Prima puntata: La disgrazia di Lady Scargrave (vol. 1).

Lo confesso: la mia tanto decantata tolleranza nei confronti dei derivati da Jane Austen ha una falla. Posso sopportare che vengano rimaneggiati i suoi romanzi perché si tratta pur sempre di opere di fantasia sulle quali la fantasia può continuare ad essere sollecitata (sull’esito di tali sollecitazioni, ognuno è libero di esprimere il proprio parere). Ma che la fantasia debba riportare in vita anche l’autrice stessa, Jane Austen in persona, ecco… questo suscita un istintivo, irrefrenabile rigetto, forse dato da uno strano, rispettoso senso del pudore.
Creare dei romanzi o dei film di cui Jane Austen stessa è la protagonista mi sembra più che un azzardo. Quasi un reato di lesa maestà!
Tuttavia, se mi lasciassi prendere da questa preclusione, non avrei mai goduto di quei due film, Becoming Jane e Miss Austen regrets che, invece, mi sono piaciuti molto e che non smetto di raccomandare a tutti.
Ecco perché, quando vidi il primo volume di questa serie, dedicata a Le indagini di Jane Austen, mi vennero i brividi e non volli leggerlo. Ma il passaparola in rete continuava a rimandare giudizi positivi. Così, mi decisi ad acquistarlo e leggerlo.

E la sorpresa è stata più che piacevole!

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Perfetta ed Immortale: così parlò Virginia Woolf

Virginia Woolf

una Virginia Woolf giovane ed intrepida

Virginia Woolf adorava Jane Austen. L’icona del femminismo moderno era una profonda conoscitrice ed incondizionata ammiratrice dell’icona della letteratura inglese “al femminile”. Questo basterebbe a confutare il pregiudizio secondo cui Jane Austen è roba per educande e pensa solo a far sposare, e molto bene, le sue eroine (con tutto quel che ne consegue sul versante dell’emancipazione femminile)!
Virginia Woolf ha scritto – lo dico senza tema di esagerare – le parole più belle che siano mai state espresse su Jane Austen. E le ha scritte con precisione ed emozione inarrivabile.
Non solo le ha dedicato molte, azzeccate citazioni nel famoso Una stanza tutta per sé (A room of one’s own) ma l’ha accuratamente ed amorevolmente esaminata in alcuni articoli.
Due di essi sono senza dubbio i più appassionati ed appassionanti, nonché i più saccheggiati ogni volta che si parla della signorina di Bath: Jane fa i suoi esercizi e Jane Austen.

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Ma che cosa resta? La risposta è nel titolo

La vita si risveglia nel giardino di Chawton, la casa di Jane Austen (04/02/11 – foto del Jane Austen’s House Museum)

Chiudo il mio excursus sull’opera di Pamela Aidan con una riflessione “a latere”.

Dei romanzi della Trilogia di Fitzwilliam Darcy, gentiluomo di Pamela Aidan, derivati da Pride and Prejudice/Orgoglio e Pregiudizio, il terzo ha un titolo apparentemente anomalo rispetto agli altri due (che invece riecheggiano quello di Jane Austen): These three remain (Quello che resta).
La citazione in testa al primo capitolo, però, chiarisce subito che questo titolo è stato scelto appositamente perché ha un significato preciso e profondo.Viene da qui:

And now these three remain: faith, hope and love. But the greatest of these is love.
[Queste dunque le tre cose che restano: fede, speranza e amore. Ma di tutte, la più grande è l’amore.]
San Paolo – Prima lettera ai Corinzi (cap. 13)

E’ uno dei più famosi passi della Bibbia, che di certo molti di voi avranno già sentito e risentito, magari durante la celebrazione di un matrimonio (soprattutto civile, dove pare sia molto gettonato).
Credenti o no, presumo che saremo tutti d’accordo nel definirla una delle cose più belle che un essere umano abbia mai scritto, e la sua semplice verità universale è e sarà sempre potentissima.
E’ bene fare una precisazione: la Chiesa Cattolica, nella traduzione ufficiale italiana, al posto di amore preferisce la parola carità nel senso di amore universale, che vuole solo il bene altrui. Ma nelle altre religioni cristiane, così come nelle lingue diverse dall’italiano, si è soliti parlare esplicitamente di amore inteso nella sua accezione più pura – ed è questa la versione che preferisco perché credo sia di immediata comprensione per tutti.

Trovate che sia un po’ pretenzioso (se non addirittura inopportuno) riferirsi a questo mirabile testo immortale per dare il titolo ed aprire un libro di tal fatta? Forse. Ma di certo, dopo tutto il mio leggere e riflettere, mi sento di dire che non è neppure così fuori luogo.
Se nel rapporto tra Darcy ed Elizabeth (personaggi di fantasia solo all’apparenza leggeri) possiamo ritrovare una rappresentazione ideale del rapporto universale tra uomo e donna, allora non faremo fatica a ritrovare questa forma di amore, una delle tante, proprio nelle parole che sublimano l’Amore più grande, che le contiene tutte.

Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli ma non avessi l’amore, sarei come bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi l’amore, non sarei nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi l’amore, nulla mi gioverebbe.
L’amore è paziente, è benigno.
Non è invidioso, l’amore.
Non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace solo della verità.
Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
L’amore non avrà mai fine.
[…] Queste dunque le tre cose che restano: fede, speranza e amore. Ma di tutte, la più grande è l’amore.

Note:
Il brano della prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi è copiato dalla Bibbia di Gerusalemme (testo biblico: “La sacra Bibbia della CEI” editio princeps 1971), Centro Editoriale Dehoniano, Bologna, ed. 1977, nel quale mi sono permessa di sostituire carità con amore.

Young Master Darcy: il nuovo libro di Pamela Aidan

youngmasterdarcy_01Pamela Aidan è l’autrice di derivati da Jane Austen (sua la “Trilogia di Fitzwilliam Darcy, gentiluomo”) che finora mi ha più positivamente colpita e non posso non segnalare questo suo ultimo lavoro, appena pubblicato.
Lo scorso 1° dicembre 2010 è uscito (per il momento solo nei paesi anglofoni) Young Master Darcy: A lesson in honour (Book 1).
Si tratta di un romanzo breve che sta tutto in appena 122 pagine. Sono previsti ulteriori volumi, come confermano sia il frontespizio di questo primo libro (che indica Book 1) sia la stessa autrice sul proprio sito.

E’ chiaramente l’avvio di un prequel seriale in cui osserviamo da vicino come il tredicenne Fitzwilliam Darcy  cominci a diventare il ventottenne che Jane Austen fa entrare, con tutta la sua evidente prestanza ed apparente alterigia, nella Assebly Hall di Meryton al capitolo III di Pride and Prejudice/Orgoglio e Pregiudizio.
L’operazione non è di poco conto: non solo perché nuovamente la Aidan prende il coraggio a due mani e si cimenta con “l’intoccabile” Darcy (le è già riuscito così bene una volta che riprovarci può essere un enorme rischio) ma anche perché sembra aprire con decisione una nuova strada editoriale nel filone austeniano, quella del prequel, cioè del “prima di”. Tra le opere derivate da Jane Austen registro solo un Dawn of the dreadfuls (che, essendo il prequel di quella ciofeca campata per aria che è Orgoglio e Pregiudizio e Zombie, potrebbe tranquillamente essere escluso dal novero).

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Quello che resta: metamorfosi dell’eroe imperfetto (Trilogia Aidan, vol. 3)

aidan_quello_che_resta_coverTerza puntata sulla “Trilogia di Fitzwilliam Darcy, gentiluomo” di Pamela Aidan – Vol. 3: Quello che resta.
Anche in questo caso, data la notevole quantità di chiacchiere, consiglio di mettersi comodi e servirsi più volte di tè e biscotti…
(Puntate precendenti: Vol.1: Per orgoglio o per amoreVol. 2: Tra dovere e desiderio)

Girando l’ultima pagina, ci si sente dispiaciuti nel constatare di essere già alla fine della cronistoria, tale è il piacere con cui scorrono le 440 pagine di questo romanzo. Tanto che vi verrà una voglia irresistibile di ricominciare, innanzitutto ovviamente con l’originale di Jane Austen…
Questo terzo libro è senza dubbio il migliore dei tre. Del resto, l’originale di Miss Austen cambia ritmo proprio dall’arrivo separato di Elizabeth e Darcy nel Kent, in primavera, ed è impeccabile nell’incalzare della trama: una brava (ri)scrittrice qual è la Aidan non può non sfruttare appieno il tappeto soffice ma solido che viene intessuto dal magico telaio di zia Jane.

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