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Leggere Jane Austen in italiano: quale edizione segliere?

Dedico questo post a tutti coloro che, di fronte alla profusione di edizioni italiane dei romanzi canonici di Jane Austen, non sanno quale scegliere e magari incappano in traduzioni che rischiano di rovinare il piacere della lettura o in edizioni poco curate, piene di refusi, o povere di materiale introduttivo.
Quando vengo richiesta di un consiglio, le mie risposte sono sempre parziali, mio malgrado e con grande rammarico, perché sono abituata a leggere Zia Jane in originale ed ho esperienza diretta di poche traduzioni italiane (almeno due per ogni romanzo, il che non è misura sufficiente per un panorama esauriente).
Per questo post riparatore e, spero, utile, devo fare almeno due ringraziamenti importanti.

Il primo va ad alcuni lettori con cui abbiamo scambiato privatamente qualche parere in proposito: Giuliana, Hana, Michela e Nicholas, i quali mi hanno aiutata a capire quanto questo tema sia molto sentito e richieda una trattazione specifica.
Il secondo va a Giuseppe Ierolli che, per il nostro tè delle cinque di oggi, ha scritto questa analisi delle edizioni disponibili dei romanzi canonici, alla luce della sua esperienza di appassionato austeniano che, dopo essere stato un attento lettore,  è diventato anche un accurato traduttore (che, come ben sapete, vi consiglio spesso). Ecco il suo parere.
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La prima volta che incontrai Jane Austen

Orgoglio e Pregiudizio, MGM, 1940

Sarei banale se dicessi che accadde per caso? Sì, perché tutti i libri che leggiamo in realtà ci chiamano, a gran voce, mentre noi continuiamo a pensare che sia frutto del caso.

(Un’amica lo sta leggendo, ma guarda il caso… Ne ha parlato la tv, ma guarda il caso… Stavo facendo un giro in centro e l’ho visto nella vetrina, ma guarda il caso… Lo avevo incrociato studiando per un esame all’università, ma guarda il caso…)
Ogni volta che inizio l’ennesima  rilettura, è un po’ come “tornare a casa” trovando però sempre qualcosa di nuovo, di speciale… Ed immancabilmente mi torna in mente un’altra esperienza specialissima: la prima, appunto…

Avevo vent’anni esatti quando Jane Austen mi chiamò, la prima volta, da un film in bianco e nero.
Avevo appena visto in tv Rebecca la prima moglie ed il mio cuore aveva palpitato per quell’antipatico, imperscrutabile, fascinosissimo Max De Winter impeccabilmente interpretato da Laurence Olivier. Così, quando vidi che avrebbero trasmesso un altro suo film, non esitai a guardarlo. Era Orgoglio e Pregiudizio del 1940.

Chi lo ha visto sa che è appena un accenno al romanzo originale, con molte eclatanti libere interpretazioni. Quindi non si stupirà nel sapere che sì, mi piacque molto, ma non me ne innamorai – non subito, almeno. Questo film non era ancora esattamente Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen. Ma era solo questione di tempo, pochissimo tempo…

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Senno e sensibilità, più che ragione e sentimento

SenseAndSensibilityTitlePage_672x1101Le parole sono come gli esseri viventi. Non restano mai uguali, l’uso che ne facciamo le modifica nel corso del tempo.

Nel post precedente, 1811-2011 Due secoli di ragione e sentimento, Irene del blog Cipria e Merletti ha giustamente rilevato nel suo commento questa verità universalmente riconosciuta riguardo il titolo Sense and Sensibility: la traduzione italiana non rende il concetto espresso in inglese.
Verissimo.

Dalla sua prima comparsa in territorio italofono, nel 1945, il titolo Sense and Sensibility è stato tradotto innanzitutto con Sensibilità e Buon senso e poi, sempre più spesso, con Senno e Sensibilità, affermatosi per molti decenni. Ma l’italiano moderno, complice l’influenza potentissima dei mezzi di comunicazione di massa (nello specifico, il film di grande successo del 1995, diretto da Ang Lee), ha ormai codificato e consolidato il binomio Ragione e Sentimento che porta alle estreme conseguenze la semplificazione linguistica e rende più immediata la dicotomia dei due opposti in gioco nel romanzo, anche se risulta essere meno coerente con le parole del titolo originale.
Quelle due parole, sense e sensibility, e soprattutto quest’ultima, significano altro, soprattutto se le si considera immerse nel contesto dell’epoca in cui Jane Austen scrisse il romanzo.

Persino per gli anglofoni di oggi le due parole hanno una sfumatura di significato diversa, talvolta sfuggente, tant’è vero che sono un costante oggetto di analisi negli studi su Jane Austen.
Non sono un’esperta linguista ma proverò a chiarire questa differenza.
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