Non me ne vogliano i grandi quotidiani, le firme blasonate, gli esimi esperti. Nel tripudio di articoli del 28 gennaio scorso, oltre al bellissimo speciale di Speechless n.3, l’articolo che mi è piaciuto di più è questo Duecento anni di… Orgoglio e Pregiudizio di Giulia Caterina Trucano, apparso su Rolling Stone Magazine.
Come ho scritto sulla pagina Facebook di UTCJA, mi è piaciuto ancora di più perché… non me lo aspettavo: trovare Jane Austen sul Rolling Stone Magazine (due elementi che non avrebbero nulla a che spartire, secondo lo stereotipo più granitico sulla signorina dello Hampshire) ha significato vedere confermata, anzi, esaltata la qualità più rappresentativa di questa grande autrice, cioè la sua assoluta modernità, la sua totale estraneità a qualunque compartimento stagno culturale o schema sociale, la sua serena superiorità ai limiti posti dalle categorie del tempo e dello spazio.
(il link all’articolo è in fondo al post)
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Jane Austen la sovversiva, tra il Messaggero e Radio Tre
Dalla rassegna stampa del Bicentenario di Pride & Prejudice del 28 gennaio, per l’evening tea di oggi ripesco due contributi che sottolineano come la modernità di Jane Austen possa essere addirittura sovversiva.
A sostenerlo – come già lo scorso anno in un articolo del Sole 24 Ore – è uno dei massimi studiosi di Jane Austen in Italia, Roberto Bertinetti, docente di Letteratura Inglese a Trieste.
(a dire il vero, tutti noi Janeite siamo ben coscienti di questo potere sovversivo che scorre tra le righe dei suoi romanzi con la stessa gentilezza allegra ma inesorabile di un ruscello sotto un ponte ombreggiato… Basta leggere certe affermazioni di Elizabeth Bennet!)
L’articolo da lui scritto, Jane Austen la sovversiva, è apparso sul Messaggero.
Quello stesso giorno, Roberto Bertinetti è intervenuto in diretta insieme a Pietro Citati in una famosa e bella trasmissione radiofonica su Rai Radio Tre, Fahrenheit, dedicata al Bicentenario.
(i link agli articoli sono in fondo al post)
Il segreto di Jane – Perché continuiamo ad amare Orgoglio e Pregiudizio (da La Repubblica)
La selezione dalla rassegna stampa dedicata al Bicentenario di Pride & Prejudice oggi torna a 20 giorni prima del glorioso anniversario, precisamente all’8 gennaio, quando il quotidiano La Repubblica pubblica un grande servizio dedicato a quest’opera e alla sua geniale Autrice: Il segreto di Jane – Perché continuiamo ad amare Orgoglio e Pregiudizio di Elena Stancanelli.
Prima di lasciarvi alla lettura, è bene precisare che l’articolo contiene una clamorosa svista e qualche imprecisione.
Zia Fay parla di Zia Jane: Letters to Alice on first reading Jane Austen
Ho scoperto questo libriccino – minuscolo ma densissimo – del tutto per caso, passeggiando nella blogosfera alla ricerca di tracce sull’adattamento televisivo BBC di Pride & Prejudice che Fay Weldon sceneggiò nel 1979 (andato in onda nel gennaio del 1980).
(per tutti i dettagli in merito, si veda il post: (Ri)Scoprire Pride & Prejudice BBC 1980)
Minuscolo è un aggettivo forse adatto alle sue dimensioni (e anche al fatto che è tra i lavori meno conosciuti di Mrs Weldon) ma non certo alla sua qualità: la sua portata in termini di sollecitazione delle nostre celluline grigie, infatti, è inversamente proporzionale alle sue dimensioni ridotte. E non si limita all’argomento principale, cioè Jane Austen.
Intendiamoci: non c’è nessuna grandiosa rivelazione ma è un lussuosissimo, frizzante, talvolta commovente e di certo sempre originale spunto per la riflessione su ciò che, in quanto Janeite, amiamo di più: Jane Austen e le letteratura.
E che per questo io consiglierei vivamente anche a coloro che di Jane Austen non hanno mai sentito (anche volutamente…) parlare.
Marriageableness, ovvero: il grande equivoco austeniano
Il luogo comune che trovo più fastidioso a proposito di Jane Austen è quello che considera i suoi romanzi e le sue eroine come una gigantesca macchina da guerra in crinoline mossa verso l’unico obiettivo finale: il matrimonio.
Da questo, credo, conseguono tutti gli altri – provando a metterli insieme: sono romanzi da brave ragazze, con figure femminili antifemministe, il cui unico pensiero è la ricerca del principe azzurro, bello e ricco; ergo, romanzo rosa; cioè roba da donne, anzi, donnicciole in preda ai fumi del romanticismo più melenso e sfrenato, in breve una noia insostenibile se non addirittura dannosa.
Ma, di certo, quello più forte di tutti è appunto il matrimonio come unica carriera femminile possibile – come se le nozze finali dei romanzi austeniani fossero l’unico elemento narrativo importante e non una logica conseguenza di un lungo, avvincente ragionamento in forma di romanzo.
Leggendo uno dei libri che spesso amo citare nelle mie chiacchierate – Jane Austen, di Tony Tanner, raccolta di saggi che questo studioso e critico ha scritto sui romanzi canonici austeniani – ho trovato la citazione di un brano che si può considerare l’emblema di questo colossale equivoco.