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Il lungo inverno di Mr Darcy (Trilogia Aidan, vol. 2)

aidan_dovere_desiderioSeconda puntata sulla “Trilogia di Fitzwilliam Darcy, gentiluomo” di Pamela Aidan.
Vol. 2: Tra dovere e desiderio.
E’ curioso che sul volume che mi ha soddisfatta di meno abbia così tanto da dire! Servitevi di tè e biscotti più volte…

PIU’ DI QUATTRO MESI IN POCO PIU’ DI DUE CAPITOLI
Fine di novembre – inizio di aprile. Si tratta del periodo tra la partenza di Mr Darcy e dell’amico Charles Bingley dalla casa di campagna di Netherfield Park verso il riparo rassicurante delle loro lussuose dimore londinesi; e l’arrivo di Darcy a Rosings, la sontuosa tenuta di sua zia Lady Catherine de Bourgh, nel Kent, dove egli incontrerà nuovamente i vivaci ed irresistibili occhi neri di Elizabeth Bennet.
Sono i quattro mesi di quel profondo inverno che Jane Austen in Orgoglio e Pregiudizio ha romanzato brevemente dal punto di vista di Elizabeth, divisa tra le pene d’amor perduto di sua sorella Jane (a causa della partenza di Mr Bingley) e le gioie dell’amor trovato della sua più cara amica Charlotte Lucas, divenuta Mrs Collins e trasferitasi a Hunsford, il rettorato di Rosings – il tutto condensato in pochi brevi capitoli (23-26) e, soprattutto, nell’incipit del 27, nella cui mirabile sintesi Jane Austen sembra esaltare la staticità letargica ed ovattata dell’inverno.

Jennifer Ehle (Elizabeth Bennet), Pride and Prejudice, BBC 1995

L’intento di questo secondo libro della trilogia di Pamela Aidan è colmare questa voragine narrativa in cui Darcy sparisce completamente di scena per scoprire come, al momento dell’inaspettata riunione con Elizabeth, si sia prodotto in lui un evidente cambiamento nell’atteggiamento verso i propri sentimenti nonché verso le scelte compiute fin lì.

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Che cosa c’è dietro il tuo sguardo enigmatico, Mr Darcy? (Trilogia Aidan, vol. 1)

Prima puntata sulla “Trilogia di Fitzwilliam Darcy, gentiluomo” di Pamela Aidan – Vol. 1: Per orgoglio o per amore
Prima di lasciarvi alla lettura, vi prego di considerare innanzitutto la mia raccomandazione: non leggete questi libri se non avete letto l’originale, l’unico, l’insuperabile Pride and Prejudice/Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen! Vi perdereste il senso dell’opera di Pamela Aidan ma soprattutto il piacere di scoprire la  vicenda austeniana da un punto di vista molto speciale.
In secondo luogo, la seguente doverosa premessa.

I TORMENTI DI UNA JANEITE!
Con i derivati dalla materia austeniana mi picco di essere molto tollerante, persino quando ad essere saccheggiato, manipolato, piegato alle ragioni del commercio, più che a quelle della letteratura, è proprio il mio grande amore, Orgoglio&Pregiudizio. Inevitabilmente, puntualmente, prendo certe cantonate…
Così, quando due anni fa incrociai lo sguardo con questa trilogia di Pamela Aidan, è scattata la curiosità insieme a qualche dubbio: Darcy, l’intoccabile, è perfetto così com’è… Riscriverlo quasi pedissequamente pretendendo di mettere a nudo il suo animo, riempiendo i buchi sapientemente lasciati dalla sua creatrice, diventa quasi un atto di superbia se non un’eresia! Eppure… Confessiamocelo tra noi.
Chi non ha mai fantasticato su cosa abbia provato LUI la prima volta che si è trovato di fronte quella impertinente di Elizabeth Bennet, dotata di una bellezza anticonvenzionale quanto il suo carattere?..
Che cosa abbia detto o fatto, esattamente, nei momenti cruciali del libro in cui salva diverse situazioni spinose?…
Che cosa lo abbia spinto a dire ciò che ha detto ad Elizabeth durante la prima burrascosa ed inaccettabile dichiarazione d’amore?…
Chi non ha desiderato vederlo un po’ di più nell’intimità familiare, con la sua amata sorella Georgiana e con gli amici più cari, Bingley ed il colonnello Fitzwilliam?…
E sia, mi sono detta, leggerò questo romanzo!

Servitevi di abbondante e robusto tè nero, nonché di generose porzioni di biscotti e tramezzini, sto per raccontarvi la mia esperienza di lettura di questa Trilogia dedicata all’intoccabile Mr. Darcy.

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La prima volta che incontrai Jane Austen

Orgoglio e Pregiudizio, MGM, 1940

Sarei banale se dicessi che accadde per caso? Sì, perché tutti i libri che leggiamo in realtà ci chiamano, a gran voce, mentre noi continuiamo a pensare che sia frutto del caso.

(Un’amica lo sta leggendo, ma guarda il caso… Ne ha parlato la tv, ma guarda il caso… Stavo facendo un giro in centro e l’ho visto nella vetrina, ma guarda il caso… Lo avevo incrociato studiando per un esame all’università, ma guarda il caso…)
Ogni volta che inizio l’ennesima  rilettura, è un po’ come “tornare a casa” trovando però sempre qualcosa di nuovo, di speciale… Ed immancabilmente mi torna in mente un’altra esperienza specialissima: la prima, appunto…

Avevo vent’anni esatti quando Jane Austen mi chiamò, la prima volta, da un film in bianco e nero.
Avevo appena visto in tv Rebecca la prima moglie ed il mio cuore aveva palpitato per quell’antipatico, imperscrutabile, fascinosissimo Max De Winter impeccabilmente interpretato da Laurence Olivier. Così, quando vidi che avrebbero trasmesso un altro suo film, non esitai a guardarlo. Era Orgoglio e Pregiudizio del 1940.

Chi lo ha visto sa che è appena un accenno al romanzo originale, con molte eclatanti libere interpretazioni. Quindi non si stupirà nel sapere che sì, mi piacque molto, ma non me ne innamorai – non subito, almeno. Questo film non era ancora esattamente Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen. Ma era solo questione di tempo, pochissimo tempo…

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Janeite: una salutare dipendenza!

Janeite (pron. geinait – trascr. fonetica: dʒeɪˌnaɪt) è il termine con cui si indica la persona incondizionatamente appassionata di tutto ciò che in qualunque modo riguardi Jane Austen, dalle sue opere alla sua stessa persona. Insomma, Jane Austen dipendente (Jane Austen addict).
Si tratta di un vero e proprio culto cresciuto inesorabilmente negli ultimi due secoli, e che non accenna a diminuire, semmai è in forte crescita da almeno un decennio ed ha assunto i connotati di un fenomeno di massa con tratti maniacali.
Chi voglia sapere com’è nato questo termine non deve fare altro che leggere i tè delle cinque dedicati a questa storia di passione ed erudizione, che passa attraverso l’inventiva di due grandi uomini ammiratori di Jane Austen: George Saintsbury e Rudyard Kipling. Vai ai post su Come nasce la parola Janeite.

Questo post, dunque, potrebbe essere del tutto inutile ma recentemente ho letto un riassunto della storia del termine Janeite, talmente breve ed esauriente, nonché chiaro e piacevole, che ritengo possa affiancarsi degnamente agli articoli di approfondimento perché ne costituisce un breve antipasto.
Inoltre, ci ho ritrovato, interamente, me stessa insieme a tutto il vortice turbinoso della Jane Austen Mania, o dell’Austen Power secondo i punti di vista. Ecco perché desidero trascriverlo qui.

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Uno straordinario destino?…

Marianne Dashwood was born to an extraordinary fate.
(Marianne Dashwood era nata con un destino straordinario)

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Kate Winslet nel film di Ang Lee del 1995

Quanti pensieri contrastanti, mai risolti e sempre irrisolvibili, suscita il personaggio di Marianne!
(Sì, non è una novità. Forse, è da due secoli che ci scervelliamo tutti, ammiratori ed esperti, su di lei, che pure è così trasparente)
Non so più tenere il conto delle riletture di Sense and Sensibility (Ragione e Sentimento): eppure, dopo tutti questi anni, non so ancora decidermi. O meglio: non riesco a rappacificarmi con la sensazione di dispiacere che provo immancabilmente, puntuale e fastidiosa come un acciacco meteoropatico, quando leggo l’ultimo capitolo.
Ecco, adesso lo dico chiaramente: ogni volta, chiudo il libro e sul momento penso che no, non mi piace affatto il modo in cui la vita si “risolve” per la giovanissima, intrepida, palpitante Marianne! E sì, hanno ragione tutti coloro che sostengono che non esista alcun lieto fine per lei, che lei sia la vittima sacrificale dell’intera opera!
Ma poi, immancabilmente, finisco sempre col credere di sapere perché zia Jane abbia voluto chiudere in quel modo: il raggio di sole, la brezza primaverile, il ruscello gorgogliante, prima o poi trovano un ostacolo che li ferma, li contiene, li instrada. Questa è la vita.
La società in cui vive richiede che Marianne l’Indomita diventi Marianne la Domata. O quasi…
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