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Romanzo di Jane Austen

Il nome mio nessun saprà!

04_janeausten_watercolour_cassamdraPrendo in prestito un verso della famosa aria Nessun Dorma, dall’opera Turandot del grande maestro Giacomo Puccini, per ricordare un aspetto oggi poco conosciuto tra i lettori e le lettrici di Jane Austen.
Ella non volle mai rendere noto il proprio nome come autrice ed i suoi libri furono pubblicati anonimi.
Le motivazioni credo derivino da una mescolanza tra, da un lato, la naturale riservatezza ed umiltà dell’autrice stessa e, dall’altro, la convenzione sociale tristemente consolidata che di fatto impediva alle donne di pubblicare ufficialmente a proprio nome.

…Basti pensare che la stessa Frances “Fanny” Burney pubblicò il suo primo romanzo anonimo e, solo dopo che la sua identità fu scoperta e diffusa riscontrando grande successo, pubblicò con il proprio nome.
I romanzi di Ann Radcliffe uscirono quando era già sposata – forse l’avere un marito fosse considerata una sorta di garanzia di solidità anche editoriale?… E del resto, qualche decennio più tardi, anche le sorelle Bronte pubblicarono i loro scritti con degli pseudonimi…

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Confessioni e risvegli, tra 1813 e 2009 (2)

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Seconda puntata di due post dedicati a questo piccolo fenomeno editoriale statunitense tra 2008 e 2010, cioè i due romanzi Confessions e Rude Awakenings of a Jane Austen Addict di Laurie Viera Rigler, tradotti e pubblicati in Italia tra 2010 e 2011 con i titoli: Shopping con Jane Austen e In viaggio con Jane Austen.
Per un profilo dell’autrice e la recensione del primo volume, rimando al post Confessioni e risvegli, tra 1813 e 2009 (1)

Mi rendo conto di una cosa: se si legge il primo, non si può non leggere il secondo. Tutti i tasselli che là erano rimasti un po’ sconnessi o del tutto privi di collocazione, qui finalmente vanno a posto. E’ come se fossero due volumi dello stesso romanzo (e per completare il canone letterario dei tempi di Zia Jane, mancherebbe solo il terzo volume… chissà?…). Ma andiamo con ordine…
Dove eravamo rimaste? Anzi, no, dove avevamo cominciato?…

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Confessioni e risvegli, tra 1813 e 2009 (1)

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Prima puntata di due post dedicati a questo piccolo fenomeno editoriale statunitense tra 2008 e 2010, cioè i due romanzi Confessions of a Jane Austen Addict e Rude Awakenings of a Jane Austen Addict di Laurie Viera Rigler, tradotti e pubblicati in Italia tra 2010 e 2011 con i titoli: Shopping con Jane Austen e In viaggio con Jane Austen.
(…due titoli che poco o nulla c’entrano con i romanzi! E’ imperscrutabile la ragione per cui due azzeccatissimi e commercialissimi titoli – Confessioni
di una Jane Austen Dipendente e Bruschi Risvegli di una Jane Austen Dipendente – siano stati tradotti così, quando di shopping e viaggio non si parla affatto. Ma tant’è…)

Due titoli così (mi riferisco a quelli originali, ovviamente) non possono non attirare lo sguardo ed accendere la curiosità di chiunque ami Jane Austen, e di certo non potevano mancare nella mia libreria!
Questi due romanzi sono stati i primi derivati austeniani che ho comprato, in originale inglese – ma non posso dire di averli letti subito. In realtà, una volta iniziato il primo, faticai a finirlo. Non so che cosa non funzionò, forse semplicemente non ero ancora pronta ad entrare nel fantasmagorico mondo dei derivati austeniani! Poi arrivò Pamela Aidan e l’entrata diventò più “morbida”..
Qualche settimana fa, però, ho letto la recensione di Valentina che ne parlava in toni positivi e soprattutto, ricordando come i due libri siano strettamente legati. Così, mi sono decisa a riprenderlo, anche per poter leggere il seguito. E devo ammettere di essermi divertita. Ecco perché.

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Creatività austeniana tutta italiana!

Navigare nei negozi online di due serie e famose istituzioni austeniane come il Jane Austen House Museum (Chawton) e il Jane Austen Centre di Bath annienterebbe l’autocontrollo di qualunque Austen-dipendente. Oggetti di ogni genere, rivestiti della loro brava aura austeniana, possono avere lo stesso effetto del canto delle sirene sui marinai di Ulisse…
Chissà come reagirebbe Dear Aunt Jane se vedesse quale industria fiorente è diventato il suo nome?
Di fronte a tazze da tè con la sua effigie, borse con cuori rossi inneggianti a Darcy, magliette di cotone con le frasi più belle dai suoi romanzi, posso solo ipotizzare che alzerebbe un sopracciglio, il lampo di rimprovero nel suo sguardo si trasformerebbe subito in guizzo ironico e le labbra si distenderebbero in un sorrisetto divertito appena accennato ma del tutto accondiscendente!
Sì, perché di certo la sua sensibilità ed il suo acume le permetterebbero di riconoscere senza indugi la sincerità dei suoi ammiratori pure in questo bailamme commerciale, che è talvolta senza remore e per questo fastidioso.
Ma qualche tempo fa ho scoperto che c’è una piccola eccezione, tutta italiana e tutta sinceramente austeniana. Da Austen-maniaca, non posso non dedicare un post a questa iniziativa di due giovani Janeite italianissime e davvero brave

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Jane e le sue “creature”, dopo la parola fine (1)

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Il leggendario tavolino sul quale Jane Austen era solita scrivere, nella dining room di Chawton (Hampshire)

Per creature intendo, ovviamente, i personaggi che la fervida e brillantissima mente di Jane Austen ha partorito, regalando al mondo e all’eternità dei tipi psicologici e sociali di altissimo valore universale.

Dalla biografia pubblicata nel 1870 dal nipote James Edward Austen-Leigh, Memoir of Jane Austen (Ricordo di Jane Austen), e dalle lettere della stessa Jane sopravvissute al rogo censorio di Cassandra, oggi abbiamo molte notizie (per quanto non riusciremo mai a trovarle sufficienti!) sui fatti privati che hanno accompagnato la genesi delle sue opere letterarie.

La più curiosa e toccante per me è quella riguardante il rapporto tra Jane ed i romanzi che scriveva, ma soprattutto con i suoi personaggidei quali aveva immaginato la vita anche dopo le vicende narrate ai lettori. Si può dire che vivesse con i suoi personaggi, ogni giorno, dal momento in cui li creava con la sua penna: ne parlava alla sorella Cassandra, ai nipoti, a chiunque le facesse domande sui romanzi.

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