Non vado per il sottile quando un derivato austeniano mi delude, soprattutto se si tratta di un’ottima occasione sprecata malamente.
Chi frequenta questa sala da tè sa che è già capitato, per di più con alcuni grandi successi come Pride and Prejudice and Zombies (Orgoglio e Pregiudizio e Zombie) o The Jane Austen Book Club (Il Club di Jane Austen) – il libro, non il film.
Nel primo caso, siamo ancora in attesa di un adattamento cinematografico: è stato annunciato più volte nel corso degli anni e ogni volta con un regista, uno sceneggiatore, degli attori diversi – tanto che ormai ho smesso di sperare che una versione per il grande schermo possa riscattare un’operazione editoriale molto discutibile.
Nel secondo caso, il film tratto dal romanzo nel 2007 ha effettivamente migliorato un libro con pochi pregi e molti difetti, nonostante le ottime intenzioni dichiarate dal titolo e alcuni sprazzi di originalità sparsi qua e là nelle pagine.
Con Austenland, il romanzo di Shannon Hale del 2007, mi sono sentita di nuovo in questa situazione imbarazzante.. di quelle che solo un’intera teiera fumante può aiutare ad affrontare.
L’occasione per parlare oggi di questo libro è l’uscita italiana del film che ne è stato tratto, che qui da noi ha un titolo diverso dall’originale, Alla ricerca di Jane.
(Detto tra noi, fatico a capire perché il titolo originale del film, identico a quello del libro, Austenland, perfettamente evocativo e, di conseguenza, parlante a tutti e non solo ai Janeite, sia stato mutato in un ben più scialbo, anonimo Alla ricerca di Jane. Misteri del marketing cinematografico italiano.)