Le mie esperienze di lettura dei romanzi di Stephanie Barron, della serie “Le indagini di Jane Austen”. Settima puntata: Jane e i fantasmi di Netley.
Per il giudizio generale su questo tipo di lettura e le note sull’autrice Stephanie Barron, rimando alla puntata dedicata a La disgrazia di Lady Scargrave, vol.1.
Per le puntate precedenti: Il Mistero del Reverendo, vol.2 – Il Segreto del Medaglione, vol.3 – Lo spirito del Male vol.4 – L’Arcano di Penfolds Hall vol.5, Il prigioniero di Wool House vol.6.
Premessa doverosa, a proposito dell’edizione italiana
Finita la lettura di questo libro, ho dovuto ringraziare col pensiero i curatori dell’edizione italiana, primo tra tutti il traduttore Alessandro Zabini, per l’ottimo lavoro svolto nella preparazione di questa pubblicazione.
In particolare, mi preme sottolineare un aspetto. Per consolidata abitudine, fin dal primo volume della serie l’autrice correda il testo di alcune note a margine che, spiegando storia, usi e costumi dell’epoca di Jane Austen, aiutano ad entrare nello scenario sociale e culturale dell’epoca. A queste note, si aggiungono sempre quelle del traduttore stesso, che forniscono dettagli indispensabili per noi lettori italiani. L’esperienza di lettura diventa, così, occasione piacevolissima per conoscere la realtà di quei tempi.
Tutto questo mi porta a chiedere di nuovo e a gran voce un ripensamento da parte dell’editore, che ha fermato (pare per sempre) la pubblicazione di questa serie all’ottavo volume, L’eredità di Sua Signoria: TEA, per favore, riprendi a tradurre la serie delle Indagini di Jane Austen!
Non stupisce che, contrariamente a quanto accade agli altri romanzi della serie, questo Jane e i fantasmi di Netley non abbia una Prefazione ma sia seguito da una Postfazione in cui Stephanie Barron, nelle fantasiose vesti della Curatrice dei diari manoscritti miracolosamente ritrovati nel 1995 in antichi bauli polverosi a Baltimora, sembra riflettere a voce alta sulla scelta della Stephanie Barron narratrice di finire in modo così anomalo (o come, in fondo, è inevitabile finisca):
Questo diario delle indagini di Jane Austen è diverso dagli altri sei manoscritti che ho curato per la pubblicazione, in quanto s’interrompe bruscamente, senza la conclusione che spesso, nei testi precedenti, rassicura i lettori sul futuro felice dei personaggi di cui ha raccontato le vicende.
Non stupisce perché, pur con lievi e consapevoli concessioni ironiche persino al romanzo gotico (come annunciano il titolo e l’ambientazione, un’antica abbazia), questo romanzo è un vero thriller che resta intensamente drammatico fino alla fine: il Male non viene del tutto schiacciato dal Bene, e il parziale trionfo del Bene è pagato a caro prezzo.
Prima di arrivare a questa negazione del lieto fine, che ci lascia davvero col fiato sospeso, e desiderosi di varcare la soglia del volume successivo, siamo trascinati con l’augusta protagonista in un vortice di delitti, misteri, tradimenti, congetture, indagini sul campo, colpi di scena – con un sottile filo conduttore del tutto intimo e discreto eppure perfettamente intrecciato alla vicenda principale…
Sappiamo dai suoi romanzi che Austen amava il lieto fine, ma in questo caso, evidentemente, la fine non è affatto tale, come accade spesso nelle vicende di cuore. (Postfazione)
Cuore? Sì, cuore. Quel cuore i cui moti la vera, geniale Jane Austen ha saputo scandagliare e raccontare così bene… E che Stephanie Barron inventa per la “sua” Jane Austen di fantasia con una delicatezza ed un rispetto davvero rari.
Servitevi di abbondante tè caldo e generi di conforto: torniamo a Southampton, dove la vita quotidiana di Jane Austen sulle rive del Solent è agitata da intrighi internazionali all’ombra delle guerre contro il Mostro, Napoleone, e da sentimenti inaspettati che tormentano il suo cuore.
Bonaparte ha imparato la lezione di Nelson perciò intende costruire altri vascelli, e Tilsit gli fornisce tutto ciò che gli occorre: il legname d’Europa, le maestranze di un continente intero e l’impiego di tutti gli arsenali da Trieste a Cuxhaven. La nostra caduta per mano della Francia è soltanto questione di tempo. (cap. II)
Questo è il tema storico principale di tutta la vicenda, che mette in moto quanto accade in questo libro, ambientato nell’autunno del 1808.
Viene toccato anche un tema “caldo” di quell’epoca, la questione dei dissidenti, sudditi britannici che rifiutavano di giurare fedeltà alla Chiesa Anglicana (essenzialmente Cattolici Romani, fedeli al Papa, e per questo nominati, non senza disprezzo ancora oggi, Papisti), che è strettamente legata alla solidità della monarchia britannica: il Principe di Galles, ad un passo dal diventare Principe Reggente, è già da tempo segretamente sposato (pur senza alcuna validità) ad una cattolica, Maria Fitzherbert – che incontriamo “dal vivo” anche in questo romanzo, in uno dei mirabili ritratti fittizi di personaggi reali a cui S. Barron ci ha abituati.
All’inizio della vicenda, un attentato ad una grande nave da guerra in costruzione nell’arsenale di Itchen rende tangibile il pericolo di una guerra combattuta sul campo anche a casa, con spie e sabotatori che sembrano annidarsi dietro ogni angolo.
La spia più temuta dall’ineffabile Lord Harold Trowbridge (che rientra in scena in questo libro in modo misterioso e sorprendente, come si conviene ad un grande Eroe) è una giovane e bella vedova, Sophia Challoner, dissidente, abitante di Netley Castle, attiguo all’omonima Abbazia, che Jane (ingaggiata da Lord Harold alla stregua di un agente segreto) deve cercare di avvicinare e conoscere meglio. Ne nascerà una strana amicizia, sempre in bilico tra sincero affetto e sospetti di doppio gioco.
Lord Harold Trowbridge si conferma una splendida invenzione di Stephanie Barron: uno dei consiglieri più affidabili del governo britannico, e già compagno di altre avventure della nostra scrittrice-investigatrice, qui il Furfante Gentiluomo è in gran spolvero e dà vita con Jane a intensissime scene vis à vis cariche di una complicità ricca di promesse inesprimibili, ma anche a rocamboleschi inseguimenti tra le antiche mura di Netley Abbey (durante i quali Jane non può fare a meno di pensare quanto siano ingiustamente scomodi gli abiti femminili, con quei corsetti che soffocano ogni tentativo di correre a perdifiato, libera come un uomo). Al suo fianco, l’indispensabile assistente tuttofare Orlando, personaggio inafferrabile quanto il suo padrone, e perfettamente costruito dall’autrice.
Tornando a personaggi reali, la grande famiglia Austen è qui molto più presente rispetto al precedente romanzo. Oltre all’immancabile Mrs Austen, sempre più personificazione Mrs Bennet (viene addirittura colta in flagrante ad origliare una conversazione a tu per tu tra Jane e Lord Harold, da lei ribattezzato Lord Presuntuoso!), Barron sceglie di mostrarci meglio i rapporti di Jane con il fratello Frank e soprattutto con la moglie di lui, Mary Gibson – della quale, durante una bella scena al cap. XX, Jane pensa che sia come “una bambola di porcellana che celava uno spirito forte e risoluto, una bontà incrollabile”.
Bellissime anche le scene “tra ragazze” di cui sono protagoniste Jane a l’amatissima amica e quasi-sorella Martha Lloyd: le vediamo quietamente sedute sul divano accanto al camino, intente a leggere i giornali di Londra e a scambiarsi opinioni, oppure baldanzosamente a passeggio per le vie di Southampton, mentre si tengono a braccetto e si scambiano confidenze dal profondo dei loro cuori…
In assoluto, è azzeccatissimo il ruolo di Jane come Zia dei due giovanissimi nipoti Edward jr. e George appena rimasti orfani di madre e in transito a Southampton prima di tornare nel proprio collegio a Winchester. Elizabeth Bridges Austen, moglie di Edward (il più ricco della famiglia), infatti, morì all’improvviso dopo aver partorito il suo undicesimo figlio. Proprio durante una gita a Netley Abbey con i due piccoli dolenti, si innesca la vicenda del libro.
A conferma dell’accuratezza con cui S. Barron intreccia la biografia di Jane Austen alla propria fantasia romanzesca, il cap. V ci ricorda cosa le sta accadendo in questi ultimi mesi del 1808: Martha annuncia a Jane che da Godmersham è arrivata una lettera che ha sconvolto Mrs Austen, perché il neo-vedovo Edward le ha offerto una proprietà fondiaria in una delle sue tenute. Non deve far altro che scegliere tra una dimora a Wye, nel Kent, e il Chawton cottage a Chawton, nello Hampshire, a poca distanza dalla natia, e mai dimenticata, Steventon. Il trasloco in una casa tutta per loro, dunque, sta prendendo corpo e Mrs Austen, che presto decide a favore di Chawton, si tiene opportunamente occupata con i preparativi. L’instabilità logistica, che tanto ha influito sull’eclissi creativa di Jane, sta per avere fine…
In questi anni, infatti, la vera Jane non scrive: la sua vena aurea sembra essersi esaurita dopo il trasferimento a Bath e soprattutto dopo la morte del padre, nel gennaio 1805. Eppure, Barron sembra voler ricordare che il sacro fuoco dell’arte narrativa sta per riaccendersi (il primo romanzo, Sense and Sensibility, Ragione e Sentimento, sarà pubblicato nell’ottobre del 1811). Al cap. IX, infatti, ecco Lord Harold che intrattiene con Jane una lunga, appassionante conversazione sulla sua attività di scrittrice, durante la quale Barron dissemina con grande sapienza riferimenti diretti a dichiarazioni o fatti della vera Jane a proposito dei suoi romanzi. Si parla anche (e assai opportunamente, per un romanzo che ruota intorno ad un’antica abbazia) della prima versione di Northanger Abbey, Susan.
Uno degli aspetti più encomiabili di questo romanzo è il modo in cui S. Barron sembra voler dare una personale risposta all’interrogativo che molti Janeite e continuano a porsi: Jane ha mai avuto un grande amore? Era proprio quel Tom Lefroy di cui è rimasta traccia in alcune lettere o era qualcun altro? Se sì, chi era e che cosa è accaduto?
In questa realtà fittizia, la risposta di S. Barron è Lord Harold, interprete perfetto per questo importante ruolo: non mera summa (né tanto meno bieca brutta copia) degli eroi austeniani ma del tutto originale e plausibile: rampollo dell’aristocrazia inglese, dall’intelligenza vivace, dal carattere ribelle e idealista, dall’aria elegante e tenebrosa (e dalla pessima reputazione, non a caso si è guadagnato il soprannome di Furfante Gentiluomo), si rivela anche comprensivo e incoraggiante nei confronti della grande passione di Jane, la scrittura. Un compagno ideale…
I tormenti sentimentali che nascono dall’ambiguo rapporto della protagonista con il Furfante Gentiluomo costellano il romanzo, intrecciati abilmente con la trama gialla, e sono trattati con una delicatezza e coerenza piene di rispetto e saggezza. Un esempio più unico che raro, tra i derivati austeniani. (I heartily thank you, Ms Barron)
E, per quanto sia tentatissima di trascriverle, mi limiterò a chiudere dicendo che le battute finali del libro vi sorprenderanno per l’abilità con cui i due amori di Jane, scrittura e Lord Harold, vengono uniti, sempre rispettando la fedeltà alla vita della vera Jane…
Vi ho incuriosito, vero?.. E allora, andate subito a leggere questo splendido thriller Regency, ottima lettura anche a prescindere da Jane Austen.
Buona lettura!
☞ Tutti i tè delle cinque dedicati alle indagini di Jane Austen, di Stephanie Barron in ordine decrescente (dal più recente al più vecchio)
☞ la pagina Jane e I fantasmi di Netley sul sito di TEA Editore
Sì, dopo le due ultime recensioni così favorevoli la curiosità ha prevalso sulla mia diffidenza nei confronti dei derivati austeniani, tant’è che mi sono procurata il vol. 6 della serie della Barron. Pensavo di cominciare da quello, anche se non è il primo, perché la trama mi intriga molto.
Finora, proprio per il fatto che non potrei tollerare uno stravolgimento della materia austeniana, non ho letto nessun derivato, ma da ciò che dici di questa scrittrice e del suo modo rispettoso di attingere all’opera e alla vita di Jane Austen, mi pare che in queste storie ci siano tutti i giusti requisiti che caratterizzano un buon derivato.
Quindi grazie per le utili indicazioni di questo, e altri, post, sempre di piacevolissima lettura!
Ciao da Claudia
Ciao ho letto tutti i libri della Barron e li trovo magnifici,molto fedeli alla personalità e al mondo della nostra Jane. Consiglio di leggerli tutti. Peccato che la casa editrice Tea abbia deciso di non tradurre e pubblicare più gli altri libri della serie!
Ciao e buona lettura
Carissime @Claudia68 e @Costantina, grazie per i vostri commenti!
@Claudia, come indicato da Costantina, questi romanzi sono tutti davvero ottimi (con un piccolo cedimento nel 2° e nel 3° ma facilmente perdonabile) e restano tra i pochissimi che consiglio vivamente a chiunque sia anche solo minimamente incuriosito da questo vivacissimo fenomeno editoriale dei derivati austeniani. Non esitare a tornare qui a raccontare com’è andata!
@Costantina, hai avuto modo di leggere i seguenti episodi, in originale inglese? Io vorrei farlo presto perché il 10° è intitolato “Jane and the madness of Lord Byron”, che mi sconfinfera moltissimo.
Buongiorno cara Silvia e grazie per il tuo commento,purtroppo la mia conoscenza dell’ inglese non è tale da permettermi di leggere libri in lingua originale.
Approfitto per chiederti cosa ne pensi dei libri di Carrie Bebris “Le indagini di Mr. & Mrs Darcy” (anche questi edizione TEA) in cui sono Elizabeth e Darcy,ormai marito e moglie,ad indagare su vari crimini.
A presto
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