Il mondo dei derivati austeniani in Italia è davvero curioso, anzi, schizofrenico poiché inevitabilmente segnato dalle scelte delle case editrici nostrane che talvolta non sembrano avere un progetto complessivo né tanto meno un’idea precisa di ciò che pubblicano. Dall’oceanica vastità della produzione anglosassone, sembrano pescare a caso: ad esempio, possono decidere di pubblicare solo il secondo volume di una storia che, nell’originale, è una serie in due volumi (Come Jane Austen mi ha rubato il fidanzato); farsi prendere dalla moda del momento e pubblicare un’improbabile e noiosissima storia di vampiri, trascurando il lavoro di gran lunga migliore di quella stessa autrice (Mr Darcy Vampyre, pubblicato alcuni anni prima di Il diario di Mr Darcy). Però, capita che questa stessa casa editrice compia scelte più ponderate, e dia alle stampe per il mercato italiano un’intera serie di romanzi, in edizione molto ben curata (Le indagini di Jane Austen) – salvo ricredersi e troncare le uscite all’ottavo di dodici titoli complessivi.
(Ai redattori e capo-redattori di queste case editrici potrebbe giovare dare un’occhiata al blog di Gabriella Parisi, specializzato in derivati austeniani [al quale, in passato, ho collaborato anch’io], per avere qualche utile indicazione di primo orientamento…)
In questo panorama schizofrenico, ovviamente non mancano le belle sorprese, come questo Longbourn House, di Jo Baker, che Einaudi ha scelto di portare in Italia, pubblicandolo nel mese di ottobre del 2014.
Si tratta di una riscrittura (retelling) di Pride and Prejudice (Orgoglio e Prejudizio) da un punto di vista molto speciale, mai esplorato dall’opera di Jane Austen: quello della servitù. In particolare, la vicenda racconta la storia della giovane cameriera Sarah, che vive la propria esistenza al servizio della famiglia Bennet ed osserva dalle cucine di Longbourn, quindi dal gradino più basso della scala sociale, quanto accade ai suoi padroni, subendone il loro destino mentre tenta di vivere il proprio.
Accomodiamoci, dunque, nella cucina di Longbourn, in compagnia di Sarah, Mr e Mrs Hill, e gli altri domestici, e serviamoci (da soli) di abbondante tè e generi di conforto. Buona lettura!
– Premessa – Pride & Prejudice in salsa Downton Abbey?
Tante sono le associazioni e le suggestioni che questo libro riesce ad evocare: la più facile è probabilmente l’affinità con la serie televisiva di grande successo planetario Downton Abbey, che intreccia sapientemente le vicende delle creature che popolano i piani alti con quelle delle creature ai piani bassi.
Ma a me ha richiamato alla memoria l’antesignano di questa serie tv, il geniale Upstairs, Downstairs (in Italia divenne Su e giù per le scale e fu trasmesso alla metà degli anni Settanta), che fu il mio primo incontro consapevole con una storia raccontata da punti di osservazione diversi, qui diametralmente opposti. Fu un meritatissimo grande successo della BBC, nato dalla felice idea di due attrici e sceneggiato (tra gli altri) dalla grande scrittrice Fay Weldon.
Qui c’è un’interessante, magica coincidenza austeniana: Fay Weldon è anche la sceneggiatrice dello splendido sceneggiato Pride and Prejudice (Orgoglio e Pregiudizio) che BBC produsse nel 1980: ebbe un tale successo di critica e pubblico che, quando in BBC nel corso degli anni si cominciò a pensare di fare una nuova produzione, ci furono molti tentennamenti.
Dai quali, peraltro, scaturì lo sceneggiato del 1995…
Upstairs, Downstairs avrebbe ispirato, qualche decennio dopo, il film di Robert Altman, Gosford Park (del 2001), scritto da Julian Fellowes – proprio colui che poi avrebbe ideato, appunto, Downton Abbey.
Questi intrecci vorticosi potrebbero far girare la testa eppure tutto si tiene perfettamente in Longbourn House e ci porta oltre la riduttiva definizione di questo romanzo come di un P&P in versione Downton Abbey.
– Ombre ai margini della luce
The work is rather too light & bright & sparkling; – it wants shade
(L’opera è un po’ troppo leggera, brillante, frizzante; – le manca un po’ d’ombra)
Jane Austen, a proposito di Pride and Prejudice (Orgoglio e Pregiudizio) (1)
La protagonista Sarah, giovane e graziosa cameriera, dal cervello vivace e dalla ferma autodeterminazione, potrebbe apparire come una Elizabeth del mondo downstairs. È un’appassionata lettrice che beneficia della liberalità di Mr Bennet, che lascia ai domestici libero accesso ai libri della propria biblioteca, ma anche di Elizabeth, che le passa i libri presi a prestito dalla biblioteca circolante. E nella notte del ballo alle Assembly Rooms di Meryton, attende in cucina il ritorno delle sue padrone divorando il primo volume di Pamela, di S. Richardson.
Se Lizzy appartiene al mondo luminoso dei piani alti, Sarah è «una delle molte ombre che andavano e venivano ai margini della luce», perché di ombra è fatto il suo mondo, e nell’ombra lo ha tenuto Jane Austen.
Nei primi capitoli, la riscrittura sembra ricalcare l’antagonismo di Lizzy e Darcy nei rapporti difficili tra Sarah e James, il nuovo arrivato nella squadra dei domestici dei Bennet, nel quale si inserisce il terzo incomodo Tol, un giovane mulatto che fa il valletto dai Bingley e che non perde occasione per dispensare allegramente il suo fascino esotico e un po’ fumoso, alla maniera di un Wickham.
Ma sotto questa lettura superficiale, si muove fin da subito l’originalità di questo romanzo, quella vita reale piena di fango, sporcizia, fatica senza posa, e negazione delle dignità e libertà umane che costituiva la vita quotidiana dei domestici di quei tempi (e che richiama alla mente analoghe situazioni contemporanee).
Non a caso, (e proprio come accade nel film del 2005 di Joe Wirght) il libro si apre con il giorno del bucato, una vera fatica titanica tutta femminile, che rivela subito il retroscena sporco e molto umano del mondo romanzesco austeniano, fin troppo spesso rappresentato ai nostri tempi come un tripudio di comune senso del romanticismo, perfetto, astratto e molto asettico (da questo punto di vista, il citato film del 2005, definito argutamente da Susannah Fullerton “the muddy version“, la versione fangosa, ebbe proprio il merito di riportare l’ambientazione di P&P su un piano più realistico e meno favolistico).
Ogni vicenda dei “piani di sopra” che deborda nella realtà dei “piani di sotto”, come i preparativi per un ballo o per un pranzo con invitati, è subito controbilanciata dalle fatiche che comportano.
Non ci si deve aspettare di vedere i personaggi austeniani in ogni pagina – ma, soprattutto, quando appariranno, non è scontato che siano simili alla fonte originale.
Se, assai opportunamente, Mrs Bennet ci appare sprofondata su un divanetto del suo spogliatoio che le assomiglia molto, pieno di una quantità incommensurabile di cianfrusaglie inutili dai colori chiassosi; e se Kitty e Lydia sono considerate come «una creatura unica con quattro gambe, due teste e un fagotto di nastri e vestiti»; e se «la calma e l’indipendenza di Jane» diventano un «balsamo» anche per chi vive ai piani inferiori, attraverso il filtro degli occhi di Sarah altri personaggi molto cari ai lettori di Jane Austen qui risultano assai meno piacevoli: anche il fascino allegro di Wickham diventa pura e pericolosa molestia nel mondo delle ombre.
Su tutti, spicca lei, la luminosa Elizabeth, l’entità uguale ma contraria di Sarah-che-vive-nell’ombra.
AVVISO DI ANTICIPAZIONE [se non volete sapere quale trattamento viene riservato alla coppia d’oro austeniana, andate al prossimo paragrafo]
Con ammirevole intelligenza, l’autrice sceglie per Lizzy un aspetto più coerente con la realtà descritta nel proprio romanzo che con quella austeniana. Vista così da vicino, nel raggio visivo di una creatura delle ombre, la luce dell’eroina scompare.
Questa è un’Elizabeth fin troppo consapevole di essere affascinante, inesorabilmente antipatica e che, una volta diventata signora di Pemberley, sembra restare incastrata e per sempre contaminata dalle ombre dell’alta società a cui si è legata, perdendo la sua vivace autonomia di pensiero.
Un aspetto estremamente interessante che investe anche il suo degno compagno, Mr Darcy: nominato per la prima volta solo a metà romanzo, fa poche e sfuggenti apparizioni puramente nominali fino all’unica scena in cui lo si vede in azione in tutta la sua invadente imponenza (un atteggiamento che colpisce molto la giovane cameriera Sarah), nel finale del libro.
E qui sta la considerazione più importante di tutte: questo Longbourn House non è un vero e proprio derivato austeniano, pur essendolo.
Da un lato, la fedeltà a Pride and Prejudice (Orgoglio e Prejudizio) è tale che potremmo leggere questo romanzo tenendo a fianco, come testo a fronte, la copia dell’opera da cui deriva perché, come racconta l’autrice nella Nota finale, ogni vicenda accade seguendo fedelmente la cronologia segnata da Jane Austen e sfruttando i piccoli indizi del “mondo a parte” disseminati qua e là.
Eppure, Longbourn House è indipendente dalla sua fonte perché Pride and Prejudice (Orgoglio e Prejudizio) resta un meraviglioso canovaccio su cui l’autrice costruisce con grande abilità il proprio intreccio originale – tanto che persino un lettore del tutto digiuno di Jane Austen potrebbe leggerlo senza perdere alcuna sfumatura, deliziandosi di una storia appassionante, dall’ambientazione impeccabile, abitata da ottimi personaggi originali a tutto tondo e scritta con molta cura.
– Nota finale – La rassicurante luce nella notte
Jane Austen aveva scelto di lasciare che il racconto di questa realtà di guilt and misery, colpe e miserie (2) fosse scritto da altre penne, scegliendo per sé l’analisi e la messa in scena di altri aspetti.
Il “suo” Pride and Prejudice (Orgoglio e Prejudizio), così come gli altri romanzi canonici, continuerà a suscitare in me la stessa emozione che coglie uno dei personaggi di questo Longbourn House, mentre, non visto, osserva le cinque signorine Bennet di ritorno dal ballo che, nella semioscurità della casa immersa nella notte, si affrettano a guadagnare le loro camere, parlando piano per non disturbare il padre già addormentato:
Una scena di tale semplice confidenza da indurre a credere che il mondo fosse dappertutto così, e che così fosse e sarebbe sempre stato.
Note
(1) nella lettera alla sorella Cassandra del 4 febbraio 1813, trad. G. Ierolli, jausten.it
(2) Incipit del capitolo 48 di Mansfield Park: Let other pens dwell on guilt and misery. I quit such odious subjects as soon as I can, impatient to restore every body, not greatly in fault themselves, to tolerable comfort, and to have done with all the rest. (Che altre penne si soffermino su colpe e miserie. Io abbandono questi odiosi argomenti non appena posso, impaziente di riportare tutti quelli non troppo colpevoli a un tollerabile grado di benessere, e di farla finita con tutto il resto.) Trad. G. Ierolli, jausten.it
Scheda del libro
Longbourn House
di Jo Baker
Editore: Einaudi, Collana Supercoralli
Traduzione di G. Boringhieri
Titolo origonale: Longbourn, 2013
Data pubblicazione: 21 ottobre 2014
Pagine: 250
Codice ISBN-13 9788806217624
Disponibile in formato cartaceo e ebook
Scheda del libro sul sito della casa editrice
Sinossi:
C’era una volta la famiglia Bennet: un padre distratto, una madre soffocante e cinque figlie da maritare. Jane Austen ne racconta magistralmente i signorili affanni in Orgoglio e pregiudizio, ma tace sulla servitù che dall’alba a tarda notte si affaccendava perché la conversazione in salotto scorresse serena. Jo Baker svela una metà del mondo popolata di ombre che, mentre cucinano e puliscono per gli altri, vivono vite e nutrono speranze proprie. E che sotto gli abiti di seconda mano nascondono segreti, ferite e passioni non meno intense di quelle che animano i piani superiori.
Altre recensioni
Consiglio di leggere anche le recensioni di Mara Barbuni, Gabriella Parisi e Petra Zari, cofondatrici di JASIT, che offrono analisi molto interessanti di questo bel romanzo.
– Quel che non sapeva Jane di Mara Barbuni, che ha letto l’edizione italiana di Einaudi fresca di stampa
– Longbourn di Jo Baker, recensione di Gabriella Parisi, che lo ha scoperto nell’originale inglese prima che fosse tradotto da Einaudi
– Longbourn House di Jo Baker, recensione di Petra Zari, pubblicata nel gennaio di quest’anno
Grazie per aver citato il nostro blog (perché tu resti sempre una delle Lizzies, cara LizzyS!)
La Barron continua a sfornare libri (per il 2016 è annunciato il tredicesimo caso, Jane and the Waterloo Map) , la Bebris ha scritto Suspicion at Sanditon, il settimo caso di Mr. e Mrs. Darcy investigatori. E che dire degli altri diari degli eroi austeniani? Niente, tutto lasciato in sospeso, come se in Italia non ci fossero appassionati di Jane Austen e fame di derivati come in tutto il resto del mondo…
Sì, cara Gee, è davvero sconcertante questo generale ripensamento, anche a fronte del successo di questo Longbourn House che dovrebbe dimostrare come basti scegliere con oculatezza per centrare il colpo. Mi permetto di dire più esplicitamente che TEA aveva iniziato un ottimo lavoro, un vero progetto editoriale, curato molto bene, e purtroppo lo sta abbandonando. È un vero peccato, spero ci ripensi.
cara silvia non vedo l’ora di leggerlo! Naturalmente sarà una dura lotta trovarlo in libreria,per fortuna esiste amazon! Mi aggiro sempre sconsolata in libreria gli scaffali traboccano di varie sfumature di grigio, di vip che scrivono la loro filosofia di vita(ma a chi interessa?) e romanzi fotocopia del codice da vinci. Forse le case editrici cercano di adeguarsi ad un pubblico che non riesce ad andare oltre i dialoghi da grande fratello! Io mi definisco un ignorante che legge visto che non ho studiato però mi piacciono i bei libri e gli sceneggiati della bbc.Adoro downton abbey ma questi spostamenti di canale e orari fanno arrabbiare! Che tristezza! Un bacio e un grazie per il tuo blog Baby
Avevo notato questo libro per caso, mentre andavo alla ricerca di possibili romanzi ispirati a Jane Austen e mi aveva colpito moltissimo perché nella scelta di voler raccontare la storia dal punto di vista della servitù mi era sembrato molto originale… ora che ho letto questa bellissima recensione, sono ancora più interessata… prima o poi lo leggerò 😀
anche a me dispiace che alcune case editrici hanno deciso di interrompere la pubblicazione di saghe ispirate a Jane Austen, mi è dispiaciuto soprattutto per i libri di Bebris… spero ci ripensino!
@baby & @Arianna: vi invito a ripassare di qui a raccontare com’è stata la lettura di questo romanzo, che è anche l’ultima pubblicazione di un derivato austeniano in Italia – e speriamo che TEA ci ripensi davvero.
Ultimamente, mi sono resa conto che praticamente tutte le case editrici italiane hanno la loro brava edizione dei romanzi canonici ma su tutto il resto c’è un vuoto sconcertante (ad esempio: le biografie e le opere giovanili). Solo i derivati austeniani hanno avuto un po’ di vita ma, appunto, ultimamente anche loro sembrano essersi spenti, nonostante il crescente interesse del pubblico italiano verso questa autrice. Mah…
ciao, ho trovato molto interessante la tua recensione, in particolare gli accostamenti con i film. Ho appena letto questo libro ed è stata una lettura piacevole, sia per la scrittura che per il punto di vista diverso. Naturalmente nulla batte “Orgoglio e Pregiudio” :). Se ne hai voglia, questo è il link della recensione che ho scritto sul mio blog: https://laranasullestelle.wordpress.com/2016/06/15/longbourn-house-jo-baker/. Ciao!
In http://www.imdb.com/title/tt2709720/?ref_=nv_sr_1 è annunciato l’adattamento cinematografico di “Longbourn”. La regista sarà Sharon Maguire, che ha già diretto 2 film di Bridget Jones. Putroppo non trovo altri particolari sul cast. Ma il film dovrebbe uscire quest’anno!