La prima trasferta di Pride & Prejudice fuori dai confini natii risale al luglio del 1813, appena sei mesi dopo il suo debutto, e porta il capolavoro di Jane Austen in Francia e Svizzera (francese).
Susannah Fullerton, nel suo recentissimo Happily Ever After (di cui abbiamo già chiacchierato in questa sala da tè), racconta che Orgueil et préjugé è una traduzione terribile, ampiamente tagliata e rivista “almost beyond recognition“. Nel corso dei decenni successivi, tutti i romanzi austeniani saranno tradotti in francese e lo stesso P&P sarà ritradotto per ben due volte, per fortuna. I Francesi, in breve, sembrano apprezzare P&P fin da subito e darsi da fare per tradurlo nella loro bella lingua.
Si potrebbe pensare che dalla Francia all’Italia, in quell’epoca di forte influenza del paese transalpino sulla nostra cultura, il passo sia breve.
Invece, per approdare nel nostro paese, il romanzo di Jane Austen deve aspettare addirittura ben oltre un secolo, poiché sarà solo nel 1932 che Elizabeth Bennet parlerà italiano!
Questo avviene grazie a Giulio Caprin, che lo traduce e ne scrive l’introduzione, e a Giuseppe Antonio Borgese, che dirige la collana “Biblioteca Romantica” presso la casa editrice Arnoldo Mondadori.
La prima uscita pubblica di Jane Austen in Italia è particolarmente curata innanzitutto nella forma. Secondo quanto ci è dato sapere grazie alla ristampa del 1957 (di cui ancora oggi sono reperibili copie usate, scartabellando in giro per le librerie antiquarie o nella sempre generosa rete internet – e la cui immagine ho usato all’inizio di questo post) il libro, di oltre 500 pagine, ha la copertina rigida, rivestita in tela, con impressioni in oro.
Aprendolo, sulla pagina di sinistra c’è un’incisione che ritrae Jane Austen (con il solo cognome sotto il ritratto) protetta da carta velina mentre sulla pagina di destra c’è un semplice frontespizio. Il ritratto è una porzione leggermente modificata di quello creato per il Memoir of Jane Austen del 1871.
Nelle oltre 500 pagine, sono comprese anche 32 illustrazioni di Charles E. Brock (quelle in bianco e nero create per l’edizione Macmillan del 1895).
La ristampa del 1951 prevede già una sovraccoperta illustrata, non altrettanto accattivante come quella dle 1957, che riproduce una delel tavole illustrate di Brock.
Nel titolo, prejudice è tradotto con prevenzione (da prevenire, proprio nel senso originario di “venire prima”), un sinonimo oggi ormai desueto dei più diffusi pregiudizio e preconcetto, ma che nel 1932 non era ancora stato surclassato da essi, soprattutto dal primo.
Il testo italiano traduce integralmente l’originale, è inequivocabilmente figlio dell’italiano di quel tempo e non può che risentire del periodo di pesante autarchia linguistica (e culturale) in cui è stata scritta.
I nomi propri di persona sono interamente tradotti: ad esempio, Lizzy diventa Bettina, Jane è Giovanna, Lady Catherine è Donna Caterina.
I personaggi si danno del lei, rigorosamente, ad eccezione dei coniugi Bennet, ad esempio, che si danno del tu. Ma quando Darcy finalmente ottiene il cuore di Elizabeth (pardon, Elisabetta), ecco che il traduttore sceglie (con molta sensibilità) un più confidenziale (ma non troppo, come si conviene) “voi”…
Conosco molto bene questo testo. E’ la prima edizione che io abbia mai letto, nel 1986, perché ancora Mondadori ristampava fedelmente la traduzione del 1932, anche se in versione tascabile e senza illustrazioni.
Questo mio libro è ingiallitissimo e molto vissuto, al quale sono ovviamente molto legata da affetto imperituro perché mi ha permesso di conoscere Jane Austen.
Ammetto che questo “italiano che fu” sul momento mi sembrò ricreare l’atmosfera di altri tempi del romanzo – anche se una dichiarazione d’amore con annessa proposta di matrimonio, e conseguente scontro di cervelli, così appassionata come quella di Darcy a… Elisabetta a Hunsord, con quel suo:
Deve permettermi di dirle con quanta passione la ammiro e la amo.
suonava francamente un po’ strana.
(però devo ammettere che quel “how ardently” tradotto “con quanta passione“ mi piace moltissimo, lo trovo molto ardito perché così moderno!)
Ma, qualche anno dopo, studiando per diventare traduttrice, mi resi conto che nel complesso tutto il testo suonava assai anacronistico. Negli ultimi anni, anche Mondadori se ne è accorta e ristampa il romanzo in versione lievemente “ammodernata” con i nomi originali.
Tuttavia, è bene sottolineare che il lavoro di Giulio Caprin (giornalista, scrittore, poeta e traduttore) è stato il punto di riferimento per tutti i traduttori dopo di lui – persino negli errori…
Un esempio lampante è stato sottolineato da Giuseppe Ierolli in un articolo illuminante, dal titolo “Un santo innevato? No, una governante ai fornelli” (link in fondo al post), in cui si sottolinea come il vero e proprio granchio di Caprin, che traduce erroneamente Nicholls come San Nicolò e la white soup con “barba bianca”, sia replicato da una quantità di altri traduttori venuti dopo di lui nelle edizioni di altre case editrici. Ma sulla gravità o meno di questo, vorrei inserire qui il commento finale di Giuseppe:
Una doverosa precisazione: errori del genere possono benissimo capitare, ma, se è giusta la mia supposizione circa il fatto che gli altri abbiano avuto gli stessi dubbi e si siano accodati a Caprin, qui non è l’errore in sé a essere importante, ma la sua reiterazione da parte di altri, ovvero preferire la soluzione più comoda rispetto alle ricerche che spesso una traduzione costringe a fare. Ci sarà una qualche relazione con la poca considerazione, anche economica, che viene di solito concessa al mestiere di traduttore?
Non commenterò oltre il triste destino dei traduttori, trattati dalle stesse case editrici come un male necessario, commettendo talvolta il grave errore di trasformare in traduttori improvvisati persone che non hanno la più pallida idea di che cosa significhi ricostruire un intero testo in un codice linguistico (e culturale) diverso. Non è oggetto di questo tè delle cinque.
Semmai, in chiusura voglio rendere onore al merito di Giulio Caprin, primo traduttore di Jane Austen, che con la sua traduzione portò in Italia questo capolavoro, non importa quanto vetusta (e talvolta errata) possa apparire ai nostri occhi moderni.
Per quanto l’abbia spesso vituperata (un eccesso a cui mi abbandono sempre meno, lo confesso), è pur sempre quella che mi ha fatto conoscere Orgoglio e Pregiudizio – e che, più in generale, l’ha fatto conoscere a tutti noi. Grazie!
Pensierino finale sull’Austen Power
Se considero che ho conosciuto Orgoglio e Pregiudizio con il film del 1940, notevole esempio di adattamento solo ispirato al romanzo, e poi con questa traduzione del 1932, non posso che confermare quanto potente sia la forza di questo romanzo, che ha saputo stregarmi per sempre, nonostante tutto.
Link Utili
☞ biografia di Giulio Caprin wikipedia e Enciclopedia Treccani
☞ Un santo innevato? No, una governante ai fornelli di Giuseppe Ierolli su I libri in testa
☞ Bettina è tornata. Riproposta la prima traduzione di Orgoglio e Pregiudizio (xedizioni)
Mi piace moltissimo leggere approfondimenti e retroscena sulla storia delle varie pubblicazioni..questa poi mi è particolarmente cara..ricordo certi testi di Dickens o uno di Jane Eyre in cui i nomi erano italianizzati, tremendo 😀 Bettina e Darcy? Come suona male!!! 🙂
Ricordo un altro post sulla questione della traduzione, mi aveva quasi innervosito che fossero arrivati tutti a mantenere quella frase evidentemente sbagliata! E’ un argomento che ho molto a cuore pure io, quello della corretta interpretazione, per questo ammiro il lavoro di Giuseppe. Un saluto
Cara Eleonora, come ricorderai, la questione della traduzione è stato uno dei fili conduttori del GdL del Bicentenario in questa sala da tè, e proprio grazie ai tanti commenti in merito ho pensato fosse utile fare un approfondimento di questo genere. E altri ne seguiranno!
E’ un argomento molto entusiasmante, sono d’accordo.
Quell’edizione è una piccola opera d’arte, con la carta velina, le illustrazioni, oggi sono introvabili certi libri! e inestimabile il valore.ah caro vecchio libro, il suo fascino è intramontabile
p.s. anch’io ho visto la prima volta il film del 1940 (quando la moda doveva ancora scoppiare!!!) e Lady Catherine De Bourgh era la personificazione dell’antipatia.
Sì, e siamo fortunati a poter ancora avere tra le mani la ristampa del 1957, la più preziosa, forse, tra quelle prodotte da Mondadori in quei primi decenni, per quanto riguarda O&P.
Ah, quel film!, ogni volta guardarlo è fonte di grande divertimento (e di tenerezza, se penso a quanto ero giovane e del tutto ignara di ciò che avrei scoperto grazie a quelle improbabili crinoline!)
Post interessantissimo! Grazie 🙂
Per quanto riguarda i traduttori, purtoppo sì credo anch’io sia un lavoro sottovalutato. Non riesco neanche a immaginare il tempo da dedicare, la mole di lavoro, i dubbi continui, la doverosa conoscenza dell’autore e delle sue opere… Ricordo di aver letto un articolo dove si affermava che nella traduzione è come se si creasse una nuova opera, è come scrivere un romanzo. Non nel senso di ricostruire la storia, ovviamente, ma negli adattamenti, nella ricerca delle parole giuste…
Cara Sophie, è vero quanto dici, il traduttore ricrea l’opera, e nel farlo vive in simbiosi con essa, la decodifica dalla cultura di partenza e la ricodifica per la cultura di arrivo, fa un lavoro di grande pregio e acrobazia per essere fedele, contemporaneamente, ad entrambi i codici linguistici e all’opera stessa. E rende un grande servizio alla comunità, ampliandone gli orizzonti di conoscenza del mondo.
Purtroppo, è un valore che le case editrici faticano a riconoscere.
Non sapevo della primissima traduzione in lingua italiana: deve avere un valore commerciale non trascurabile. Pochi giorni fa, tra amici, ci chiedevamo se esistono traduzioni di orgoglio e pregiudizio nelle lingue extraeuropee, ad esempio in arabo: pare che non ci sia… almeno … se esiste, non si trova una copia in lingua araba in libreria oppure online. Ci serviva per studiare l’arabo utilizzando un libro che “tutti” conoscono….
Qui sembra che almeno una ci sia:
http://www.islamicbookstore.com/b10526.html
Ci sono anche un paio di pagine di esempio del testo arabo con l’originale a fronte.
Grazie a Giuseppe Ierolli della preziosa informazione che…ovviamente… farò circolare.
A presto
Molto interessante questo utilizzo di P&P! E ancora una volta si conferma la sua grande forza metaculturale.
Anche Susannah Fullerton, nel suo Happily Ever After, conferma la traduzione in arabo – del resto Giuseppe, che ringrazio, ne ha dato una dimostrazione.
Provo ad immaginare la sfida linguistica di fronte alla quale si è trovato il traduttore e, nella mia totale ignoranza della lingua e cultura araba, ho la sensazione che sia stata un’impresa impegnativa.
Buono studio, cara innassia z! E facci sapere quali curiosità di traduzione scopri nel tuo P&P arabo!
Tutto questo mi fa sorridere. Con il mio livello sicuramente sarà una lunghissima e faticosissima avventura. Sarà più semplice attraversare il Sahara a piedi. Ho girato l’informazione di Giuseppe Ierolli all’insegnante che ha tutte le capacità per leggerlo con serenità. Io momentaneamente immagino la conversazione tra me e JA stile Operazione S Gennaro con Manfredi e Senta Berger:
Io: السلام عليكم
JA: Do you speak Arabic?
Io: لا, No, è finito
Ho acquistato lo scorso anno copia della prima edizione con la copertina blu e le impressioni in oro…lo conservo come una reliquia!
ciao,
ed io non faccio per vantarmi, ma ho una VERA copia del 1932, non una ristampa! Non è stata difficile da trovare e neppure costosa, anche se è una cosa da libreria antiquaria.
Mi piacerebbe trovare qualche recensione di riviste letterarie dell’epoca, chissà che avranno detto allora di JA e della sua opera…
Approfitto per chiedere a chi è più esperto, per non far nomi il Sig. Ierolli (detto per inciso sto leggendo le Lettere nella sua traduzione), in quali anni e da chi siano state pubblicate in prima italiana le altre opere, vorrei acquistare di tutte una ‘prima edizione’.
Grazie ed a rileggerci
Mauro
Uh, Mauro, che invidia! E puoi vantarti con assoluta serenità perché “possedere” quel libro dev’essere una grande soddisfazione. Quante volte lo hai già aperto, sfogliato, rimirato, spolverato? In città ho trovato la ristampa del 1957 in ben due librerie antiquarie ma di quella del 1932 nemmeno l’ombra…
Credo che Giuseppe non mancherà di darti informazioni dettagliate.
A presto!
Giustamente, Manu, conservi quel libro come una reliquia. Fortunata Janeite!
L’elenco che ho io delle prime edizioni italiane è questo:
– Sensibilità e buon senso, trad. Evelina Levi, Roma, Astrea, 1945.
– Orgoglio e prevenzione, trad. Giulio Caprin, Milano, Mondadori, 1932.
– L’abbazia di Northanger, trad. Teresa Pintacuda, Milano, Garzanti, 1959.
– Mansfield Park, trad. Ester Bonacossa della Valle di Casanova e Diana Agujari Bonacossa, Novara, Club del Libro, 1961.
– Emma, trad. Mario Casalino, Milano, Ultra, 1945.
– Persuasione, trad. Mario Casalino, Milano, M. A. Denti, 1945.
– Amore e amicizia e altri romanzi [oltre a “Amore e amicizia” ci sono “Frederick & Elfrida”, “Jack e Alice” e “Lady Susan”], trad. Letizia Ciotti Miller, Milano, La Tartaruga, 1979.
– Amore e amicizia; Catharine, ovvero la pergola e altri scritti giovanili [II e III volume degli “Juvenilia” e parte del I volume], trad. Stefania Censi, Roma-Napoli, Theoria, 1994.
– Sanditon, Lady Susan, I Watson, trad. Linda Gaia, Roma-Napoli, Theoria, 1990.
– Lettere [antologia: 63 lettere su 161], trad. Linda Gaia, Roma-Napoli, Theoria, 1992.
Potrebbe anche esserci qualche edizione precedente che non ho scovato.
Grazie per il post super utile!!
Ho l’ edizione di “Orgoglio e Prevenzione” del 1957. La copertina e rigida color giallo paglierino con le scritte in rosso. Il testo non contiene immagini e l’edizione è ‘Biblioteca Moderna Mondadori’. Sono corsa a vedere se c’era il santo innevato con la barba bianca al cap XI ! Ovviamente l’ho trovato. Non ci avevo mai fatto caso!! Ciò rafforza il mio pensiero sull’enorme lavoro che ci sia dietro un’opera di traduzione!
Con l’occasione ho riletto l’introduzione di Caprin e ho trovato un esplicito accostamento goldoniano che in poche righe sintetizza molto.
Ciao:)
Non ero a conoscenza di questa versione dell’edizione 1957! Grazie per l’informazione, Miss Jane.
Signor Ierolli grazie 1000 per le utilissime indicazioni, mi metterò subito alla caccia, e naturalmente terrò tutti al corrente! La ringrazio anche per il suo sforzo di traduzione, sto centellinando con immenso piacere le Lettere.
Mauro
Piccola nota sul mio O&P 1932, lo trovai da MareMagnum (info@maremagnum.com) hanno un buon sito di vendita di libri e mi costò 22 euaro compresa la spedizione, quindi una cifra abbordabilissima.
Il ‘mio’ O&P sta tranquillo nello scaffale austeniano, non è da leggersi, le ‘Giovanna’ e ‘Don Lucas’ sono lievemente raggriccianti, ma è per me, come giustamente fatto notare da Sylvia-66, molto importante per la prospettiva storica della tappa della universalizzazione della nostra JA.
Ed è comunque una edizione veramente bella dal punto di vista puramente editoriale, carta, rilegatura, caratteri.
A presto
con amicizia
Mauro
La Prof. Battaglia cita tra le più vecchie un’edizione di Orgoglio e Pregiudizio, Torino, A.B.C. del 1934
Orgoglio e prevenzione di Caprin (Mondadori)
Orgoglio e Pregiudizio, traduzione di M.L. Agosti Castellani, Milano, Rizzoli, 1953 (riedita nel 1982)
Orgoglio e pregiudizio traduzione di C. Cattaneo, Milano, Caraccio, 1953
Sull’edizione Newton & Compton, oltre a questa svista, ce ne sono due molto inferiori: nell’ultimo rigo della lettera del cap. 26 di Jane a Lizzie è scritto: “Va’ a trovarli ti prego con Sir WICKHAM e Maria…” e nel cap. 28 ad aspettare Lizzie, MRS Collins e Charlotte comparvero sulla porta… ma forse non è il caso infierire.
Lo ammetto (anche se si tratta della classica scoperta dell’acqua calda) preferisco leggere Jane Austen in originale! Mi sembra che i dialoghi così “sparkling” e arguti nella versione originale diventino ampollosi e artificiali nelle poche traduzioni dei romanzi da me letti. L’abbaglio di Caprin a cui fate cenno è divertente e rivela una natura molto fantasiosa: sicuramente un buon traduttore deve possedere anche un bel po’ di immaginazione nel fare il proprio lavoro!
Decisamente, cara Donisan, quello del traduttore è un lavoro in perenne equilibrio (o oscillazione?) tra il rigore e la fantasia!
Ragazzi,
grazie a tutti, bellissimo post !
Quello che sto per scrivere non è molto pertinente, ma volevo segnalare che su Rai Premium sabato e domenica trasmettono lost in austen in italiano (la traduzione fa rabbrividire “il romanzo di Amanda”). Sabato nel pomeriggio e domenica di sera.
Appunto, per la serie “traduzioni incomprensibili”, ecco Lost in Austen tradotto con “il romanzo di Amanda” – un titolo a metà tra un romanzo rosa puro e un romanzo per signorine… Ohibò!
e anche lunedì in seconda serata….pare sabato e domenica le prime due parti e lunedì sera la terza e quarta… ma non mi fiderei tanto. Io l’ho visto in lingua originale su youtube, ma non mi ricordo in quante parti sia….
Leggere questi post e i relativi commenti è sempre fonte di conoscenza continua, grazie davvero a tutti 🙂 mi avete, inoltre, messo addosso una gran voglia di possedere questa prima edizione del 1932 😉
@Anna68: Lost in Austen dovrebbe essere una miniserie in 4 puntate, se ricordo bene, ognuna da un’ora circa; da quello che ho visto Rai Premium manda in onda 2 puntate insieme… quindi in due appuntamenti la serie è completa 😉 io pure ho visto la versione originale sul tubo (dove hanno spezzettato ogni puntata in 4…) e la trovo più coinvolgente di quella doppiata in italiano 😉 no comment sul titolo, a proposito di scelte alla base di traduzioni/interpretazioni 😉
Confermo, 4 puntate in originale, qui trasmesse a due alla volta. E anche un po’ tagliate…
Concordo, cara Gwen, in originale è molto più coinvolgente!
A volte penso che in questi casi potrebbero avere il coraggio di trasmettere gli sceneggiati in originale con sottotitoli a scelta ita/originale.
è sempre interessante leggerti,
da un’amante del romanticismo inglese
Cara neveverde, grazie! Mi fa sempre piacere poter contribuire alle riflessioni su Jane Austen. Ai prossimi tè delle cinque!
Stavo facendo una ricerca e ho trovato questo tuo interessante articolo. Complimenti. Però mi sorge un dubbio: come sono stati tradotti i nomi di Darcy, Bingley e Wickham??
Ciao, Ilaria, grazie per il tuo commento e benvenuta! Ebbene, i cognomi e i nomi geografici restano invariati fin dalla prima edizione, 1932. Ovviamente, sono tutti “signore”, “signora” e “signorina”, e di certo, attraverso i nostri occhi moderni, la comparsa di un “signor Guglielmo Lucas”, una signorina Bingley che sparla di “Elisabetta Bennet” o una signorina Giovanna Bennet che si rivolge alla sorella con un “Cara Bettina” non possono non strappare un sorriso divertito!
Non posso non aggiungere, mentre indugio ancora su queste adorate pagine del mio primo grande amore, questi frammenti esemplificativi, dal cap.I:
MrB: ..bisognerà che vi metta una buona parola per la Bettina.
MrsB: Bettina non ha nulla di meglio dalle altre; certo non ha nemmeno la metà della bellezza di Giovanna…
MrB: …soltanto la Bettina è un po’ più sveglia delle sorelle.
(dall’ed. 1932, riprodotta fedelmente nelle ristampe 1957 e 1986)
Rettifica: Sir William Lucas è, come si conviene, DON Guglielmo Lucas e non “signore” come ho erroneamente scritto. Chiedo umilmente perdono al diretto interessato, “elevato all’onore del cavalierato a seguito di un discorso indirizzato al re, quando era sindaco”, che di seguito scelse per sé e la famiglia una dimora più consona al proprio nuovo status, Lucas Lodge – pardon, Casa Lucas.
Buongiorno,
stringo fra le mani un’edizione del 1932 di Orgoglio e Prevenzione e, con orgoglio, vorrei mettere a disposizione qualche fotografia. (Non mi appartiene ma posso consultarla!)
A quale indirizzo?
Grazie infinite, mi farà molto piacere vedere le foto di questa preziosa edizione, che potrebbero integrare il post (ovviamente solo se sarai d’accordo). Puoi scrivere all’indirizzo del blog: unteconjaneausten@gmail.com.
Grazie ancora e a presto!
Grazie per questa bella introduzione al testo della Austen. Mi piace molto che sia personalizzata.
Possiedo l’edizione originale del 1932 di Mondadori, praticamente perfetta, salvo la sovracoperta, che ha qualche piccolo strappo, e a questo punto metto il libro in posizione d’onore nella mia biblioteca privata.
E non può che essere così, caro Andrea, una copia originale di questa primissima edizione italiana merita tutta la visibilità possibile, anche se mostra qualche piccolo segno del passaggio del tempo – che, ne sono certa, testimonia quanto questo libro sia stato maneggiato e quindi letto. Grazie per aver letto questo articolo e per averlo commentato.