Tra tutti gli aspetti sfuggenti della vita di Jane Austen, i moti del suo cuore sono in assoluto i più inafferrabili.
Ci è concesso baloccarci con pochissimi, striminziti indizi sparsi qua e là nelle sue lettere e nei ricordi altrui. Ci intestardiamo a tentare di colmarne i vuoti, a definirne i contorni, a stabilirne le certezze, con l’aiuto della nostra fantasia e delle nostre riflessioni. E proviamo a consolarci maldestramente del fatto (questo, sì, del tutto certo per quanto ci rattristi) che non avremo mai una realtà con cui sostituirli. Di fatto, della sua vita sentimentale non sappiamo niente. Proprio come la lingua che batte immancabilmente dove il dente duole, questa lacuna fastidiosa torna sempre a tormentarci.
Nelle conversazioni dal vivo o in rete, o nei testi di varia natura che mi capita di leggere o ascoltare sui mezzi di informazione (soprattutto in coincidenza della cosiddetta “festa degli innamorati” del 14 febbraio), c’è un commento che sembra legato indissolubilmente all’abitudine di associare Jane Austen al “romanticismo”, un termine troppo spesso confuso con il sentimentalismo (se non addirittura con il genere del romanzo rosa). Il commento potrebbe essere efficacemente, per quanto brutalmente, sintetizzato nella seguente constatazione: è un’autrice che sa parlare con maestria dell’amore, pur non avendolo mai conosciuto.
Di solito, la mia reazione è duplice e intensa. Innanzitutto, il fatto che non si sia mai spostata, o che a noi non sia mai arrivata alcuna notizia certa sulle sue vicende sentimentali, non significa che non si sia mai innamorata. In secondo luogo, la capacità di uno scrittore è nel saper leggere l’animo umano, osservare e indagare la vita, ed esprimere questa indagine sulla pagina a prescindere dalle sue esperienze personali dirette.
Di fronte ai soliti dubbi pubblici sull’amore mai-o-forse vissuto da Jane Austen, tendo a distogliere lo sguardo, anche perché mi prende una sgradevole sensazione di essere inopportuna, come se indagare questo aspetto della sua vita sia non solo inutile ma irriverente, un po’ come spiarla nelle vicende più private che lei e la sua famiglia dopo di lei hanno cercato sempre di mantenere tali.
Dovrebbe bastarci ciò che lei stessa ha voluto rendere pubblico, cioè i suoi romanzi.
E invece, lo confesso, anche il mio pensiero talvolta indugia su quel vuoto…
L’unica, esile soddisfazione diffusa in tutto il popolo Janeite resta sempre lui, il bell’irlandese Tom Lefroy, il flirt giovanile dagli indizi vagamente più corposi, divenuto di dominio pubblico in questa nostra epoca dalla curiosità massificata grazie a un film di grande successo, Becoming Jane (in italiano, con sottotitolo: Ritratto di una donna contro) del 2007, che ha liberamente rielaborato una già molto libera biografia sull’argomento, Becoming Jane Austen, di Jon Spence del 2003.
Eppure, c’è una storia tanto più emozionante quanto più rarefatta sono i suoi contorni, che ci racconta di un giovane di rara qualità incontrato sulla costa del Devonshire all’inizio dell’Ottocento, colui che più di tutti sembra aver conquistato il cuore imperscrutabile di Jane, ma perduto per sempre in circostanze tragiche. E di cui oggi non ci resta nemmeno il nome.
È una storia che pochi conoscono, anche tra gli ammiratori più tenaci o gli studiosi più informati. E di cui ci rimane un solo, brevissimo resoconto, per di più in terza persona, ma da una fonte più che certa: Cassandra Austen, sorella di Jane.
Questa storia è la più vaga tra tutte quelle rintracciabili nelle testimonianze sulla sua vita anche perché le parole di Cassandra sono riportate da Caroline Austen, la nipote che tanto ha contribuito al materiale raccolto dal fratello James Edward per il Memoir of Jane Austen (Ricordo di Jane Austen) – e sono parole che Caroline (insieme ad altre nipoti) avrebbe udito quando ormai la zia era anziana e forse più propensa a fare qualche confidenza rivelatrice sul filo dei ricordi (o semplicemente più stanca e con la guardia abbassata).
Questa storia emozionante e misteriosa mi è tornata in mente di recente e credo sia interessante ricordarla oggi, per provare a mettere un po’ di ordine nel groviglio di elementi sentimentalisti che si sono incrostati sulla vita di Jane Austen. Metto da parte la mia reticenza e, apprestandomi a reiterare mille scuse alla diretta interessata per questa invasione della riservatezza, provo a ricordare la semi-sconosciuta storia del grande e perduto amore di Jane Austen.
Nelle lettere dell’autrice selezionate per i posteri da Cassandra, la traccia più evidente di una vicenda sentimentale in piena regola è quella che ci racconta del famoso flirt giovanile con Tom Lefroy, fascinoso e squattrinato nipote di alcuni vicini amici di famiglia, con cui la ventenne Jane diede un po’ di scandalo danzando con assiduità e scherzando in pubblico nel gennaio del 1796.
Essendo l’unica vicenda sentimentale apertamente rintracciabile (anche se in pochissime righe), è diventata presto oggetto di speculazione. Nel 2003, è stato pubblicato un libro, scritto da Jon Spence, dal titolo Becoming Jane Austen, poi diventato un film di grande e duraturo successo (Becoming Jane, con Anne Hathaway nel ruolo del titolo e James MacAvoy in quello di Lefroy), che ricostruisce con notevole fantasia l’intera vicenda, alimentando così la percezione da parte del grande pubblico, in massima parte digiuno della lettura delle lettere, che questo flirt giovanile sia IL grande amore per eccellenza dell’autrice.
Cassandra – di nuovo lei – possiede un’altra verità.
L’amatissima sorella di Jane è la fonte più autentica e attendibile in assoluto perché il rapporto delle due sorelle era simbiotico, riconosciuto dalla famiglia stessa, ed il grado di confidenza era tale da rendere autorevole ogni sua dichiarazione.
Una rivelazione senza precedenti (anzi, più unica che rara) avviene nel 1828: Jane è morta da più di dieci anni, e Cassandra è in visita presso la famiglia del fratello maggiore a Newtown. Qui, fa conoscenza con un giovane, Henry Edridge, che la colpisce moltissimo per le sue qualità ma anche per una somiglianza nell’aspetto e nei modi, nonché per per una grave circostanza, che la riporta improvvisamente indietro nel tempo e nello spazio, ad un’estate passata sulla costa del Devonshire, nel periodo in cui la famiglia si era da poco trasferita a Bath (presumibilmente il 1801). Il notevole Henry muore improvvisamente.
E l’impatto con l’onda dei ricordi dev’essere stato così travolgente da spingere Cass a raccontare di quell’estate lontana.
Ad ascoltare le sue parole quel giorno c’è la nipote Caroline. Che, nel 1870 (quanto ha viaggiato questo ricordo prezioso!), lo trascrive in una lettera destinata al fratello James Edward, che sta preparando la seconda edizione della prima biografia sulla loro ormai illustre zia Jane. Ecco con quali parole Caroline rende conto della rivelazione di Cassandra:
Mia zia ne rimase molto colpita, e io rimasi colpita dalle sue lodi, visto che era così raro che esprimesse apprezzamenti su degli estranei. Successivamente, in un’altra occasione – non ricordo esattamente quando – parlò di lui come di qualcuno insolitamente dotato di tutto ciò che poteva risultare gradevole, e disse che le rammentava molto un gentiluomo che avevano incontrato un’estate, quando erano al mare – credo che disse nel Devonshire; non credo che precisò il posto, e sono certa che non parlò di Lyme, perché altrimenti me ne sarei ricordata – che sembrava molto attratto dalla zia Jane – suppongo che la conoscenza si prolungò per alcune settimane – e che quando dovettero separarsi (immagino che anche lui fosse un turista, ma la sua famiglia poteva anche risiedere lì vicino) lui insistette per sapere se l’estate successiva sarebbero tornate, lasciando intendere, o dicendo esplicitamente, che lui sarebbe stato di nuovo lì, in qualunque posto si fosse trovato all’epoca. Posso solo dire che l’impressione di zia Cassandra era stata che si fosse innamorato della sorella, e che fosse del tutto sincero.
Il racconto, per quanto riportato da una terza persona e senza alcuna velleità letteraria, è ricco di suggestioni. Un giovane così bello di modi e di aspetto da colpire una donna esigente come Cassandra fa breccia nel cuore di Jane, e Jane nel suo. Si frequentano per settimane.
Mi sento autorizzata a immaginare lunghe ma sempre troppo corte passeggiate incorniciate dal mare del Devonshire, qualche divertentissimo ballo alle locali Assembly Rooms (facendo attenzione a non ballare due volte insieme per non suscitare illazioni – stavolta deve essere fatto tutto per bene, avrà pensato Jane, memore dello “scandalo” Lefroy?), un delizioso tè in una pasticceria rinomata, e poi concerti, libri, promesse…
E intanto la vacanza finisce. E lui chiede – no, insiste per sapere se la famiglia Austen, se Jane, torneranno l’estate successiva. Un anno intero prima di potersi rivedere! E senza la possibilità di scriversi perché uno scambio di lettere sarebbe possibile esclusivamente tra due fidanzati…
Conoscendo il destino da nubile di Jane, sappiamo già che non è una storia a lieto fine.
L’estate successiva, con il tempo di ritrovarsi, non arriverà mai, almeno per l’innamorato di Jane.
Poco tempo dopo seppero della sua morte. Anche Mr Henry Edridge morì improvvisamente poco tempo dopo averlo conosciuto a Newtown, e suppongo che fu proprio la coincidenza della morte prematura a spingere la zia a parlare di lui – dello sconosciuto. Sono certa che lo ritenesse degno della sorella, dal modo in cui ne parlò, e anche che non avesse dubbi sul fatto che sarebbe stato un corteggiatore che avrebbe avuto successo.
Purtroppo, di questo giovane non sapremo mai il nome. Caroline, evidentemente, lo ha dimenticato (se mai Cassandra glielo ha rivelato…).
Altre tre nipoti, citate come fonti da Andrew Norman nella (controversa) biografia Jane Austen. An Unrequited Love benché abbiano raccontato lo stesso episodio con lampanti lacune, lo identificano con molte incertezze in Samuel Blackall, che effettivamente era un conoscente della famiglia Austen ma non ha nulla a che vedere con il giovane del Devonshire. Il quale resta, con nostro grande sconcerto, senza nome.
Uno di questi resoconti meno attendibili sostiene che il giovane innamorato avesse promesso di andare a Steventon (presumibilmente per presentarsi alla famiglia di Jane) e che la notizia della sua morte sia giunta proprio a Steventon portata da una lettera scritta dal fratello di lui.
Resta il fatto che da più parti in famiglia la rivelazione di Cassandra sia confermata: quell’estate nel Devonshire, la venticinquenne Jane incontrò il grande amore della sua vita, e per un gioco perverso del destino, lo perse proprio quando avrebbe voluto e potuto farlo entrare nella sua vita per sempre.
In uno stato di prostrazione che posso solo immaginare dopo questo evento emozionante divenuto improvvisamente tragico, accade un altro fatto eloquente. La sera del 2 dicembre 1802 Jane, alle soglie dei ventisette anni, ormai ben avviata ad una solida carriera di zitella senza soldi, e delusa dal proprio destino sentimentale, riceve una proposta di matrimonio da Harris Bigg-Wither, amico di famiglia ricco dalle qualità ben diverse da quelle del giovane del Devonshire…
Jane dice di sì – chi sarebbe così folle da dire di no nelle sue condizioni, a quei tempi? – ma durante la notte qualcosa le fa cambiare idea e al mattino rifiuta. Per sempre. Quanto avrà influito il ricordo del grande amore perduto?…
Il periodo di Bath coincide con questi eventi nonché con l’apparente eclissi creativa di Jane Austen e con altre difficoltà che rendono la sua vita assai più faticosa, talvolta segnata dal dolore, come nel caso della morte del padre, nel gennaio 1805.
Mi sono spesso chiesta se l’intensa vicenda dell’innamorato misterioso incontrato nell’estate del 1801 (o forse 1802) lungo la costa del Devonshire possa aver alimentato a lungo termine l’ispirazione letteraria di Jane Austen – che sarebbe tornata, più grande e più brillante di prima, una volta trasferitasi a Chawton, nel 1809.
Ho provato a cercare qualche traccia dell’innamorato misterioso nei romanzi.
Nel primo romanzo pubblicato, Sense and Sensibility (Ragione e Sentimento), il Devonshire è la contea in cui si trova il Barton cottage che ospita le Dashwood cacciate da Norland.
Lyme Regis, che in Persuasion (Persuasione) è teatro di vicende fondamentali, si trova sul confine con il Devonshire, ed è a ovest di questa cittadina che la famiglia Austen soggiornava in quella fatidica estate – ma temo sia un dettaglio insufficiente per dire con sicurezza che la storia dell’amore perduto e poi ritrovato di Anne Elliot (nubile ventisettenne) possa essere stata ispirata, per sublimazione, al grande amore perduto tragicamente da Jane (nubile venticinquenne).
Di certo, la prossima volta che ci troveremo di fronte all’ennesima ridda di ipotesi sulla vita sentimentale di Jane Austen, ma soprattutto agli amori perduti (e alla fin fine sempre ritrovati) dei suoi romanzi nonché alla sua mirabile capacità di raccontare i moti del cuore umano, non avremo dubbi: colei che sa dipingere queste grandi storie d’amore ha realmente vissuto un grande amore, durato lo spazio di un’estate lungo la costa del Devonshire. Anche se questo non cambia di una virgola la grandezza della sua opera.
Ed ora, chiudiamo la porta su questo angolo privato della sua vita portando nella mente l’immagine di una giovane Jane, felice e spensierata mentre passeggia sulla riva del mare vivace del Devonshire al braccio di un giovane innamorato in un bel giorno d’estate del 1801, perfetta incarnazione delle coppie letterarie che di lì a qualche anno usciranno dalla sua penna.
Fonti bibliografiche
– Jane Austen. An Unrequited Love, Andrew Norman, 2003, The History Press. Biografia molto discussa anche perché propone alcune interpretazioni opinabili di fatti certi e basa l’identità dell’innamorato misterioso del Devonshire su fonti lacunose.
– jausten.it, F.A.Q., Giuseppe Ierolli (pagina da cui sono tratti i brani citati)
– Biography, The Republic of Pemberley
Sull’immancabile bell’irlandese Tom Lefroy
Per una ricognizione più accurata dell’affaire Lefroy, consiglio due fonti:
– Tom Lefroy e Jane Austen, di G. Ierolli su jasit.it
– Per chi desidera confrontarsi con un tentativo di ricostruzione di questo famoso flirt, a mio avviso c’è un solo libro possibile: non è la biografia di Jon Spence già citata, che lavora troppo di fantasia per essere una biografia, ma è il romanzo Mia cara Jane di Amalia Frontali, un derivato austeniano che fantastica su questo famoso rapporto con grande rispetto per il dato reale, non solo della vita di Austen ma anche di quella di Lefroy poiché l’autrice ha condotto ricerche minuziose, evidenti nella ricostruzione accurata.
Incredibile che Amazon non permetta di scaricare il kindle dall’estero! Vorrei tanto leggere “Mia cara Jane” ma non nessun accesso. E l’autrice sembra introvabile in rete…
Carissima Valeria, purtroppo mi è capitato lo stesso problema con Amazon.uk, da qui non mi è stato permesso di scaricare ciò che avevo acquistato. Per quanto riguarda “Mia cara Jane”, mi attivo subito per darti una soluzione. A presto!
Ciao Valeria,
credo che il romanzo abbia una pagina dedicata su facebook https://www.facebook.com/Mia-Cara-Jane-987541714616313/ tramite la quale puoi contattare l’autrice.
Altrimenti puoi scriverle alla mail dunelain@gmail.com
Buona lettura!!
anche io sto leggendo il libro e mi farebbe piacere inserire la scheda su anobii visto che non è presente, ma la mia richiesta è stata rifiutata perchè richiedono obbligatoriamente l’indicazione del numero ISBN che io non sono stata capace di trovare. E’ possibile che non ce l’abbia? si può pubblicare un libro senza codice ISBN? perdonate l’ignoranza!
Ciao, @silvia, un libro può non avere il codice ISBN (accade con le autopubblicazioni, ad esempio) e su anobii in effetti non è possibile inserire una scheda libro senza questo codice. È un vero peccato ma per fortuna esistono altre vie di comunicazione per diffondere la conoscenza dei libri che vale la pena leggere.
A proposito, mi fa piacere che tu abbia letto questo romanzo! Che ne pensi?
Grazie per la risposta chiarificatrice. Il mio intento era solo quello di tenere la mia libreria aggiornata e completa, ma sembra che non si possa fare 😉
Il libro mi è piaciuto, è palpitante di emozioni e mi ha molto coinvolto con i continui riferimenti alla vita, alle opere, ai pochi dettagli che si conoscono su Jane Austen; di certo l’autore è assolutamente competente in materia!
Ho avvertito però l’incompletezza dovuta alla mancanza delle lettere di risposta dell’interlocutrice. Certo tutto si percepivano dalla lettera successiva di Tom Lefroy, ma non è la stessa cosa.
Inoltre la tristezza dell’ultima parte è stata intensa e quindi rimane quell’amaro, quel senso di ingiustizia..
buona giornata
un caro saluto